Father


Mi capita di avere nostalgia di quello che ho vissuto il mese scorso, ieri l'altro, ieri, due ore fa. Un giorno proverò nostalgia del momento esatto, il lucido istante levigato che chiamiamo PRESENTE,
e il cerchio sarà chiuso.

Neve

La neve è sorprendente; appartiene a quella categoria di fenomeni naturali che generano nelle persone un senso di complicità, di comune appartenenza al genere umano, difficile da rintracciare in quelle che i sociologi chiamano: "società complesse". E` come se il disagio, molto modesto, che essa crea, risvegliasse negli uomini l'istinto primordiale a far causa comune contro forze percepite come infinitamente più potenti. Un istinto che risale, suppongo, a quando eravamo inermi contro cataclismi di ben altra portata, i terremoti, le inondazioni, qualche sconosciuta pestilenza...
Quando una nevicata improvvisa paralizza il traffico, quando i tram smettono di viaggiare e ci si sente isolati, persino nel cuore della città, dentro ai confini angusti di un caseggiato, un quartiere...allora ci si scambia sinceri sorrisi, e si commentano assieme le previsioni del tempo. Le persone sono capaci di cose inaudite, come prestarsi aiuto a vicenda. E` il loro lato tribale che viene a galla, mette sempre una certa eccitazione, a vederlo esplodere così, per un nonnulla.
da Macchine fluide, romanzo inedito (finalista Premio Calvino 1997)

Pastello


And something flickered for a minute, and then it vanished and was gone...

Il Trentino stoppa la destra

L'avanzata della Destra (leghista, in questo caso) in Trentino non c'è stata. Il dato delle elezioni di ieri - che ha onestamente dell'inaspettato se non del clamoroso - è che qui il centrosinistra vince alla grande. Lo fa con una formula inedita, nella più pura tradizione trentina (terra che tenne a suo tempo a battesimo la Margherita): PD (primo partito in provincia) + UPT (Unione per il Trentino, nuova formazione politica centrista-riformista di espressione territoriale). A queste due forze si accompagnano inoltre nella coalizione gli autonomisti del PATT, i Verdi, i Leali (liberali), l'Italia dei Valori e l'Ual-Unione autonomista ladina. L'UDC, che in Trentino si era schierata con il centrosinistra, è stata esclusa dalla competizione elettorale per un errore formale nella presentazione della lista (i suoi voti sono comunque confluiti nell'alleanza).
Sul versante del centrodestra, buona l'affermazione della Lega, mentre il Popolo delle libertà resta al palo.
Se in Alto Adige le elezioni provinciali di 15 giorni fa sono state segnate dall'avanzata della destra tedesca (a scapito della SVP, il partito etnico dei sudtirolesi), il Trentino, dove pure si era pronosticato un testa a testa fra il candidato del centrosinistra, Lorenzo Dellai, e quello del centrodestra, Sergio Divina, continua a fare orgogliosamente eccezione. E lo fa anche rispetto al resto del Nord-est italiano: dopo la caduta di Illy in Friuli rimane questa l'ultima oasi refrattaria alle sirene destrorse. E lo fa anche rispetto al panorama politico d'oltrebrennero, compreso quello dei "cugini" del Tirolo, nonché della Baviera.
Molte le ragioni che spiegano questo voto, e che saranno domani abbondantemente sviscerate, anche da chi fino a ieri ha giocato al tiro al piccione con Dellai. Ne segnaliamo una: l'impreparazione dimostrata dai politici romani chiamati a Trento a "rinforzo" di Divina. Valga per tutti la promessa del ministro Tremonti di "regalare" il demanio alla Provincia di Trento, che ha questa competenza da anni (va detto che sono ben pochi i politici nazionali che quando arrivano quassù dimostrano di conoscere qualcosa della nostra Autonomia; non che siano necessariamente tenuti a farlo, beninteso, ma, insomma, non hanno uno staff alle spalle, dei consiglieri, dei ghost writers?).
Ma a pagare è stato probabilmente anche il buongoverno della formazione uscente, a prescindere dall'inchiesta giudiziaria dell'ultima ora che lo ha lambito (e a cui in realtà non era estraneo lo stesso centrodestra). Valgano per tutte le ultime misure varate per fronteggiare la crisi finanziaria internazionale, che hanno mobilitato oltre 400 milioni di euro solo a favore delle imprese indebitate. Qualcuno dirà: ha vinto la "magnadora" (orribile parola resa popolare dall'infelice uscita di un ex-assessore). Io dico: ha vinto la politica.
Questo il dato di sintesi: Lorenzo Dellai 56,99%, Sergio Divina 36,50%.

Addio a Miriam Makeba


E' morta ieri la cantante di origini sudafricane Miriam Makeba, simbolo della lotta all'apartheid. Miriam Makeba - che aveva iniziato la sua carriera negli anni '50 - è morta nella clinica Pineta Grande di Castel Volturno, dove era stata trasportata dopo essere stata colta da un malore, al termine della sua esibizione al concerto anticamorra e contro il razzismo dedicato allo scrittore Roberto Saviano. Per una artista come lei, dopotutto (un'artista sempre impegnata dalla parte "giusta", con un'unica ombra: la sua amicizia, ad un certo punto della carriera, con il dittatore della Guinea Touré), credo non potesse esserci uscita di scena migliore.
La sua musica univa la tradizione occidentale - jazz e pop - a quella africana; aveva quel quid che contraddistingue la produzione delle grandi star internazionali, amate da pubblici diversissimi tra loro. Ma la fama di Miriam Makeba è legata anche e soprattutto al Sud Africa, paese che - all'indomani della Seconda guerra mondiale, cioè di una guerra condotta in ultima analisi contro l'ideologia razzista elevata all'ennessima potenza - edificò un regime razzista al 100%, giustificandolo con argomentazioni che risultano familiari anche oggi: la difesa delle peculiarità culturali di ciascun popolo, la necessità di vivere "separati" per vivere meglio. Ovviamente tutto ciò era una finzione, che mascherava la realtà di uno sfruttamento (della popolazione di colore) scientificamente organizzato. Ma è bene ricordare che chi volle l'apartheid, gli ideologi che costruirono l'impalcatura culturale dello "sviluppo separato", presumevano di essere dalla parte della ragione. Il male, a volte, ha giustificazioni suadenti.

Lou Reed & Velvet Underground - un omaggio








E' appena stato pubblicato il dvd del tour che Lou Reed ha realizzato lo scorso anno, internamente dedicato all'album "Berlin", per la regia di Julian Schnabel. La cosa anomala è che "Berlin", uno dei primi concept-album della storia del rock (un disco, cioè, che raccontava un'unica storia, attraverso le sue canzoni), è stato pubblicato nel 1973. All'epoca venne stroncato: in pochi capirono la profondità di questa vicenda di amore e morte ambientata a Berlino, città-metafora della divisione (la divisione indotta dal Muro, la divisione dei cuori, coppie divise, personalità divise, madri divise dai figli, uomini separati da se stessi dalla droga e dall'alienazione...). A 34 anni di distanza Lou Reed si è preso la sua rivincita: oggi l'ambizione racchiusa in quei solchi è sotto gli occhi di tutti. L'ambizione di usare il rock per veicolare un racconto che può stare senza imbarazzo fianco a fianco con un'opera di Dostoevskij, Joyce, Hubert Selby jr., Delmore Schwarz, William Burroughs. Un'ambizione ben riposta. Dopo tanto tempo, "Berlin" non ha perso un'oncia della sua forza sinistra. Semmai ha acquistato in profondità.

Questo post è un modesto omaggio a un grande artista newyorkese, che ha mosso i primi passi nella Factory di Andy Warhol negli anni '60, come leader dei Velvet Underground (in cui militava Nico, berlinese, appunto, già attrice nella "Dolce vita" di Fellini), l'altro gruppo più influente della storia del rock assieme ai Beatles. Un artista che ha cantato le infinite sfumature del dolore e della redenzione, usando sempre gli stessi maledetti tre, quattro accordi. Un artista la cui musica ha accompagnato la mia vita e quella di tante altre persone come me, che non hanno mai vissuto in una metropoli (e non hanno mai conosciuto certi abissi, se è per questo; ne hanno solo intuito l'esistenza).

Lou farà una comparsata mercoledì prossimo -12 novembre - al teatro Valli di Reggio Emilia, come ospite dello spettacolo che la moglie, Laurie Anderson, sta portando sui palchi europei, "Homeland".

Sarò il tuo specchio, rifletterò quello che sei, nel caso non lo sapessi.
Sarò il vento, la pioggia e il tramonto, la luce alla tua porta, per mostrare che sei a casa...
( from I'll be your mirror)
Io non so dove sto andando, ma proverò a raggiungere il regno se ci riesco,
perché mi sento un vero uomo quando infilo l’ago in vena,
e dopo, ti dico, le cose non sono più le stesse.
Quando la botta comincia a salire,
mi sento come il figlio di Gesù,
e credo solo di non sapere, so soltanto di non sapere...
(from Heroin)
Candy dice: sono arrivata a odiare il mio corpo e tutto ciò di cui ha bisogno in questo mondo.
Candy dice: vorrei capire con precisione quello di cui altri discutono con tanta discrezione.
Candy dice: odio i posti tranquilli, che richiamano impercettibilmente il gusto di ciò che sarà.
Candy dice: odio le grandi decisioni, che provocano ripensamenti infiniti nella mia mente.
Guarderò gli uccelli blu volare sopra le mie spalle,
li guarderò mentre mi sorpasseranno, quando sarò più vecchia.
Cosa credi che vedrei, se potessi allontanarmi da me stessa?
(from Candy says)
In certe specie d'amore, ah, Marguerita ha detto a Tom,
tra pensiero ed espressione, ci passa una vita.
Certe situazioni accadono a causa del tempo,
e non ci sono amori migliori di altri.
(from Some kinda love)
Jenny ha detto che quando aveva appena cinque anni, non succedeva mai niente, ogni volta che metteva su una stazione radio, non passavano mai niente. Jenny disse quando aveva appena cinque anni, i miei genitori saranno la fine per tutti noi.
Due televisori e due Cadillac, non mi saranno proprio d’aiuto
proprio per niente.
Poi un bel giorno si sintonizzò su una stazione di New York, sai non riuscì quasi a credere
a ciò che stava ascoltando, cominciò a muoversi al ritmo di quella musica favolosa, sai, la sua vita fu salvata dal rock’n’roll. Nonostante tutte le amputazioni, potevi uscire e ballare con una stazione di rock’n’roll. Ed era bello. Era bellissimo
(from Rock n Roll)
A Berlino, accanto al muro, eri alta un metro e settantacinque.
Era molto bello, lume di candela e Dubonnet con ghiaccio.
Eravamo in un piccolo cafè, si sentivano le chitarre suonare.
Era molto bello.
Oh, tesoro era il paradiso
(from Berlin)
Quando tutti i tuoi amici da due soldi se ne sono andati e ti hanno fregato
e ti parlano dietro le spalle dicendo che non sarai mai un essere umano...
allora ricominci a pensare a tutte le cose che hai fatto, e a questo e a quello,
rivedi tutto in modo diverso.
Allora ricordati che la città è un posto strano, qualcosa di simile a un circo o a una fogna,
e ricordati che gente diversa ha gusti differenti,
e la Gloria dell’amore potrebbe attraversarti...
(from Coney Island Baby)
Pioggia dal mattino fra nuvole azzurre che ora risplendono di rugiada
attraversando la città in grandi macchine, e io, io non ho niente da fare...
Dammi dammi dammi un po' di divertimento
dammi dammi dammi un po' di dolore
non sai che le cose sembrano sempre pessime,
a me sembrano sempre le stesse.
(from Gimme some good time)
Preso tra gli astri confusi, le linee topografiche, la mappa approssimativa che portarono Colombo fino a New York. A metà strada tra l'est e l'ovest, lui passa a prenderla indossando un gilet di pelle, la terra geme e si ferma in un brivido.
Un crocifisso di diamante come orecchino, serve per fronteggiare la paura di aver lasciato l'anima nella macchina noleggiata di chissà chi. Nei pantaloni nasconde uno straccio, per pulire lo schifo che ha lasciato assosso alla snella Juliette Bell.
E Romeo voleva Giulietta, e Giulietta voleva Romeo, e Romeo voleva Giulietta, e Giulietta voleva Romeo.
(from Romeo had Jiuliette)
Dicono che nessuno possa far tutto ciò, ma tu lo vuoi in cuor tuo. Ma non puoi essere Shakespeare, non puoi essere Joyce, per cui cosa ti resta?
Devi accontentarti di te stesso, covando una rabbia che ti può far male, devi ricominciare dal principio. E proprio allora quel fuoco splendido si riaccende.

Quando attraversi umile, quando attraversi malato, quando attraversi, "io sono meglio di voi", quando attraversi la rabbia e l'autocommiserazione e hai la forza di ammetterlo a te stesso, quando il passato ti fa sorridere e puoi assaporare la magia che ti fa sopravvivere in battaglia, scopri che quel fuoco è passione e che più avanti c’è una porta e non un muro.
Mentre attraversi il fuoco, mentre attraversi il fuoco, cerca di ricordarti il suo nome. Mentre attraversi il fuoco, passandoti la lingua tra le labbra, non potrai restare uguale.
E se il palazzo brucia, vai verso quella porta, ma senza spegnere le fiamme

c'è un poco di magia in ogni cosa, e un po’ di perdita, per compensare il tutto.(from Magic and Loss)

Vedi anche: www.loureed.it

La banda Baader Meinhof

Ho visto "La banda Baader Meinhof" di Uli Edel (regista anche dell'indimenticato "Christiane F."), e mi è venuto spontaneo confrontarlo con l'altro film "importante" girato sul periodo del terrorismo in Germania, "Anni di piombo" della Von Trotta (1981). Il film della Von Trotta - che ultimamente ha dichiarato di essere stata forse troppo indulgente con la Raf, come molti della sua generazione - era il classico film sul terrorismo, simile ad altri dedicati ad esempio alle Brigate Rosse: crepuscolare, pensoso, triste. I terroristi venivano dipinti come persone fanatiche, forse, ma in qualche modo anche intimamente lacerate. Il film di Uli Edel mostra invece il lato western degli anni di piombo. Un po' come "Romanzo criminale" mostra il lato western della delinquenza organizzata. Non è tanto un film d'azione: è un film sull'azione, su ciò che i terroristi facevano (sparare, mettere bombe, addestrarsi nei campi palestinesi in Giordania, sacrificare i propri affetti, pontificare, gasarsi, correre in macchina, anche scopare), piuttosto che su ciò che i terroristi pensavano. Per certi versi fa un'operazione simile a quella proposta da "Trainspotting", che mostrava (anche) il lato divertente della tossicodipendenza. Credo sia un film realistico. In fondo, "non c'è rivoluzione senza investimento libidinale", per citare Philopat. E poi, come mi ricorda un amico, uno dei film preferiti dai terroristi, all'epoca, era "Il mucchio selvaggio" di Peckinpah.
Film, ecco. Uno come Baader - dipinto come il leader carismatico, arrogante e sfrontato dall'inizio alla fine - questo aveva, probabilmente, alle spalle. Questa era la sua cultura, assieme a un po' di Marx. Peccato che, come scrive Saviano, nei film quando la scena da girare è finita, gli attori si alzino, si puliscano dal sangue finto, vadano a pranzo. Nella vita vera no. Le vittime rimangono vittime. Chi muore muore, e a chi è rimasto mutilato non rispuntano gli arti, né le ali.

Dark in tv


Marcello Dell'Utri, braccio destro di Berlusconi: "Io guardo il Tg3 e vedo che ci sono degli anchorman che hanno già una faccia un po' gotica, un po' dark. Sicuramente, ce ne sono più in Rai che sugli altri network. Credo che il direttore del telegiornale dovrebbe dimostrare un maggiore esprit de finesse in queste cose. Farle, dirle lo stesso, ma magari con un'altra espressione».

Nella foto: un presentatore del TG3

BORN IN THE USA

Well the night's busting open
These two lanes will take us anywhere
We got one last chance to make it real
To trade in these wings on some wheels
Climb in backHeaven's waiting on down the tracks
Oh oh come take my hand
Riding out tonight to case the promised land...

La notte sta esplodendo
Questa strada a due corsie ci porterà ovunque
Abbiamo un'ultima possibilità per avverare i nostri sogni
Per scambiare con delle buone ruote le nostre ali
Salta su, il Paradiso ci aspetta lungo il percorso
Dai, prendi la mia mano
Stanotte cercheremo di raggiungere la terra promessa...

(Bruce Springsteen, Thunder Road)

Con tutti i suoi difetti, ma la democrazia in America è una cosa meravigliosa, a differenza che altrove. Certo, i candidati vengono scelti dopo un duro apprendistato e non si candidano solo quando sono sicuri di vincere, come altrove. Certo, per il rito di iniziazione all’età adulta gli studenti hanno passato la notte nei sacchi a pelo davanti al maxischermo del loro college senza il conforto di mamme e professori (succede anche questo, altrove). Certo, davanti ai seggi ci sono code chilometriche perché da quelle parti si ostinano a stare in fila per uno, anziché sperimentare forme innovative di incolonnamento a fisarmonica, a raggiera, modello arrogance («lei non sa chi sono io») o formato parakul («mi lasci passare, la prego, ché la casa mi va a fuoco e ho dimenticato mio figlio sullo zerbino con un leone a stecchetto da mesi»), molto diffuse altrove. Certo, a Chicago, sperduto villaggio dell’Illinois, ieri sera aspettavano un milione di persone in piazza ed erano terrorizzati dall’idea di non riuscire a gestirle tutte, mentre altrove ne hanno appena ospitate due milioni e mezzo (ma in realtà erano due miliardi e mezzo, anzi due milioni di miliardi e mezzo) senza fare una piega. Certo, laggiù il candidato giovane sembra proprio giovane e il candidato vecchio proprio vecchio, non come altrove, dove al vecchio crescono i capelli e il giovane fa cascare le braccia. Sì, con tutti i suoi difetti, ma la democrazia in America è davvero una democrazia. A differenza che altrove.
(Massimo Gramellini, La Stampa)
E aggiungo: Obama incarna l'America che amavamo nel Dopoguerra, negli anni '50 (non sapendo del maccartismo, d'accordo). Guartatelo mentre cammina, dinoccolato, sciolto, quando sale la scaletta dell'aereo, guardate come sorride e stringe le mani. Potreste immaginarvelo con l'ipod nelle orecchie ad ascoltare un brano del Boss, in una spiaggia mentre surfa, mentre gioca con i suoi bambini, e indifferentemente dietro una scrivania mentre prende decisioni da far tremare i polsi. Obama è Kennedy, è Hollywood ma anche il cinema indipendente, è John Fante, Paul Newman, Dustin Hoffmann, Ernest Hemingway da giovane, è un senatore dell'Illinois, un nipote, giocatore di baseball, una donna che sale su un autobus e si siede dove non dovrebbe, un predicatore, è un avvocato, un venditore d'auto di cui ti puoi fidare, un fante nel Vietnam, un amante gentile e competente, è la gomma americana, lo shake, il sax, West Side Story, è un ragazzo nero che va all'università. Obama è figlio di un africano, è il sogno americano che si reincarna per l'ennesima volta. Obama non è i Bush (padre e figlio) e neanche Condoleeza, per fortuna. E' uno che forse persino una madre leghista vorrebbe come figlio. E' l'uomo che gli americani hanno voluto come presidente. E noi con loro.

I WANNA BE BLACK



E' la prima volta nella mia vita che vorrei essere americano.

Non è la prima volta che vorrei essere nero. Vorrei essere nero per poter dire, OGGI, come Jay-Z: "Rosa Park si sedette sull'autobus così che Martin Luther King potesse camminare. E Martin Luther King ha marciato così che Barack Obama potesse correre. Barack Obama adesso corre affinché noi tutti possiamo spiccare il volo."

VORREI ESSERE NERO, PER POTER DIRE, DOMANI:

"CIAO, FRATELLO PRESIDENTE"

The same deep waters