Sudan (ovvero: un futuro alla Philip Dick)

Ieri il Corriere metteva ad un articolo di Henry-Lévy un titolo fuorviante, benché tratto di peso dal testo: "Contro le anime belle". L'articolo parlava della condanna - con conseguente mandato d'arresto - emessa dalla Corte penale internazionale nei confronti del presidente del Sudan Omar Al Bashir, per i crimini commessi in Darfur. Dal titolo si poteva pensare che il filosofo e opinionista francese stigmatizzasse la Corte dell'Aja. E invece no: Henry-Lévy si pronuncia contro le anime belle della trattativa ad oltranza, ed in favore di una giustizia internazionale che indichi con chiarezza i colpevoli di crimini contro l'umanità.
Si potrà osservare che ciò vale per il Sudan e non per l'America o Israele, ma resta il fatto che quando in una sede internazionale si ha il coraggio chiamare le cose con il loro nome è un bel giorno per chi ha sete di giustizia.
Semmai dà da pensare che il giorno dopo l'Unione africana, la Lega Araba, Russia e Cina (ma anche il presidente dell'Assemblea generale dell'Onu) si siano schierate contro la Corte. Qui il colonialismo - tirato in ballo dal dittatore sudanese - non c'entra nulla, qui c'è un governo che massacra una parte del suo popolo (per fare un paragone, non stiamo parlando di qualcosa di simile alla guerra del Vietnam, evocata da Al Bashir, ma di qualcosa di simile alla Cambogia di Pol Pot o, forse, alla Cecenia, posto che le tribù del Darfur, e quelle del sud Sudan prima di loro, stiano agli arabi sudanesi come i ceceni ai russi). Una volta che il diritto non si arresta sulla soglia della formula: "Sono affari interni ad uno Stato sovrano", bisognerebbe solo applaudire.
La visione che emerge di questo inedito asse pro-Sudan è quella di un futuro un po' alla P. Dick. Un futuro-incubo, fortemente cinesizzato, in cui a dominare saranno - in maniera ancora più sfacciata di quanto non sia già oggi - gli interessi economici (quelli che spingono la Cina a sostenere il governo sudanese, ricevendone in cambio il suo petrolio). Un futuro in cui a comandare sarà un asse slavo-asiatico, a cui si aggiungeranno i paesi arabi e quelli africani in alleanze mutevoli come le figure formate da un caleidoscopio. Un futuro in cui il diritto conterà sempre meno e la ragion di stato sempre di più. In cui le donne staranno peggio di oggi, la separazione stato-chiesa sarà un lontano ricordo, i dittatori mobiliteranno le masse per gli scopi più loschi in cambio di un po' di pane, oppio, nazionalismo e i-pod.
Ovvio che l'Occidente ha tante e tali colpe da scontare nei confronti degli altri popoli (specie dopo l'era Bush) che fatica a ergersi oggi come tutore credibile della legalità internazionale. Ma non per questo possiamo rassegnarci ad un mondo dominato dai Putin, dai gerarchi cinesi, dagli ayatollah e dagli Al-Bashir.

Questo è quello che scrive invece Altreconomia.
Qui un'altra fonte autorevole, lo ICC (english only)