ALTRI CONFINI

Alcuni scatti da Gerusalemme, Ramallah (West Bank) e Galilea.

Pietre vive, albe, mondi che si sfiorano in una terra che non mi illudo certo di avere compreso in pochi giorni e che forse non comprenderei in dieci secoli. E quando non si è sicuri, quando in gioco c'è così tanto, forse l'unica cosa da fare è sforzarsi di stare accanto a chi, in un modo o nell'altro, cerca di costruire percorsi di pace, o quantomeno i presupposti (magari fragili, e tuttavia tangibili) per un dialogo possibile, di là dalle divisioni secolari, dalle occupazioni, dai razzi e dai lutti.
Quanto al resto, la sera dello Shabbath, una terrazza affacciata sul Muro, il senso di essere in uno di quei posti dove si fa il nodo, dove tutto confluisce, dove le parole pesano sul serio. Un tramonto sul monte delle Beatitudini, quando i turisti se ne sono andati, quando il silenzio è cosa solida e parla. Un kibbutz annegato nell'oscurità della notte, e dal belvedere, a pochi chilometri, il confine libanese, le luci di un villaggio controllato dagli Hezbollah.
"Li osserviamo da qui - ci ha detto la nostra guida - ; in questo periodo stanno costruendo diverse nuove case. Ci fa piacere, perché se costruiscono forse vuol dire che non pensano a fare la guerra a noi".
Non pretendevo di capire cosa fosse giusto o sbagliato, sotto a quel cielo infinito. Sentivo solo una cosa: avrei voluto fermarmi lì. Aggregarmi a quei ragazzi - ebrei, musulmani, drusi, cristiani, o più semplicemente esseri umani, senza etichettature, qualcuno di loro senza neanche fedi da osservare - che sperimentavano il teatro sul confine, provando a vivere assieme, "come in una sorta di Grande fratello al contrario", mi ha detto uno, dove lo scopo non è eliminare gli altri ma resistere, condividere la cucina e il tetto, sopportarsi, diventare, nel vero senso della parola, amici.

Fuori dal cerchio magico c'è la cronaca, con le sue miserie e le sue tragedie.


Alba a Gerusalemme.


Mondi si sfiorano.


Mare di Galilea.


Ramallah.


Gerusalemme est.