"Vengo via con te - storie d'amore e latitudini", di Henry J. Ginsberg



Una città, una storia d'amore. Da Bath a Palermo, da Londra a Istanbul, da Parigi a Colombo, da Rio a Firenze. Sul tema del viaggio si innestano altrettanti ritratti di persone, luoghi, momenti, situazioni che ruotano attorno al tema per eccellenza, l'amore, in tutte le sue espressioni.
I sentimenti, le emozioni, le relazioni, insomma le "storie", quelle che ognuno di noi ha provato o vissuto almeno una volta, saltano fuori con immediatezza dalla paginae ci portano subito via, là dove vorremmo andare. O forse, a volte, tornare.
Short cuts, quindi, "tagli corti". A volte un dialogo, a volte un monologo interiore, a volte un aneddoto come avremmo potuto afferrarlo al volo in un bar o ad un check in. Ma in questi frammenti c'è tutto ciò che serve: l'intensità delle relazioni che nascono, si sviluppano o muoiono, più o meno bene, più o meno male, cesellate nei tanti paesaggi, perlopiù urbani, in cui questi racconti sono ambientati. Un pub, una finestra affacciata su una piazza, la piscina di un albergo, una barca, una camera da letto nella quale entrano i rumori della città: ad essere protagonisti delle pagine di Henry J. Ginsberg(pseudonimo dietro al quale possiamo scorgere alcune delle passioni letterarie dell’autore, da Henry Miller a Allen Ginsberg, passando forse per Henry James) sono anche luoghi così, luoghi del nostro quotidiano, resi meravigliosi, oppure aspri, difficili, complicati, dalle vicende che si trovano anche solo per un breve istante, ad ospitare. Luoghi senza i quali, forse, non sarebbero neanche nate.

Parte di questi racconti è stata pubblicataoriginariamente sul blog "Tempi & Modi - coniugazioni di stile" (www.tempiemodi.com). Il successo è stato immediato. I lettori e le lettrici di “Vieni via con me” versione on-line possono ora ritrovarli, assieme ad altri ancora inediti, in questa raccolta.







Vengo via con te


"Quando vado a un matrimonio mi chiedo sempre: sarà questa l'ultima volta che si sono innamorati, nella loro vita?"

Li abbiamo appena accompagnati all'aeroporto. Stanotte dormiranno a Marrakesh. Lui è il mio migliore amico, siamo cresciuti assieme nel quartiere, abbiamo attraversato assieme quasi tutti i riti di passaggio, il primo giorno di scuola, la prima comunione, la prima sbronza...

"Io penso sempre a Quattro matrimoni e un funerale."

Ride, lei invece è la testimone della sposa, me la sono ritrovata in macchina non so come, mi sembra che il padre di Lia avesse gettato la spugna, mi sembra di avere detto ad alta voce che non volevo fare la strada di ritorno da solo, che se mi fermavano mi avrebbero ritirato la patente, mi sembra che Lucio avesse fatto la mossa, ma non so come, è salita lei, invece.

Metto la freccia per uscire dalla tangenziale. In mezz'ora saremo di nuovo alla festa, che continua, senza di loro, ormai in volo, nell'azzurro pallido, svaniti, quel lasciare la pista per l'atmosfera rarefatta che ha sempre un che di definitivo, forse solo perché sottrae alla dittatura del cellulare. Hanno scelto una destinazione inconsueta per il viaggio di nozze, sono una coppia originale, ma in questa occasione hanno fatto le cose secondo tradizione, matrimonio in chiesa, tanti invitati, le bomboniere, le foto, il lancio del bouquet.

"E tu?", chiede.

"Io cosa?"

E' deliziosa con quel vestito.

"Matrimonio, vuoi dire?"

"Sì."

"Non è in programma. Per ora."

Vorrei aggiungere quello che si dice in queste occasioni, "sto bene così", ma è una formula talmente abusata, e poi, si sta davvero bene da soli? Metà dei miei amici alla fine ha trovato quello - o quella - che cercava su internet. Quando ero bambino pensavo che avrei fatto la stessa cosa, solo che allora non c'erano i social network, c'erano le agenzie matrimoniali, mi sembrava un ottimo sistema, lo dissi a mia madre. "Oddio, spero di no!", commentò, divertita. Mi spiegò che facevano così solo quelli un po' messi male, un po' imbranati, ma perché, mi chiedevo, non è più comodo scegliersi una in base alle proprie preferenze, ad esempio l'altezza, o se le piace questo o quello, i cartoni di Disney piuttosto che i film di paura o le sfilate di moda o le feste in maschera? Ovviamente già allora mi ero fatto un'idea abbastanza precisa di chi mi sarei voluto sposare, volevo una come la mia compagna di banco, una che sapesse disegnare bene, solo che la mia compagna di banco era già fidanzata...

Oggi, con internet, le possibilità sono infinite. Puoi sapere molte cose di una persona con cui non hai ancora avuto il primo appuntamento semplicemente guardando le sue preferenze. L'incognita è rovesciata. Il dubbio adesso riguarda i corpi,  perché una foto può sempre essere falsa, il dubbio riguarda il tono della voce, le espressioni, la pelle, l'odore...

"E tu?"

Nel girarmi non posso fare a meno di dare un'altra un'occhiata alle sue gambe.

"Guarda la strada".

In realtà la conosco pochissimo perché, anche se è la migliore amica della moglie del mio migliore amico, ha vissuto a Napoli 10 anni, è appena tornata, si sente da come parla, a volte infila delle parole strane. Però qualcosa so, vediamo cosa risponde.

"Io basta. Ho già dato."

"E' stato così brutto?"

Fa il gesto di tirarsi giù la gonna, una cosa che mi fa impazzire perché se hai scelto una gonna corta, prima di uscire, vuol dire che volevi farti guardare. O è comodità? Ma ad un matrimonio non ci si veste comodi, questo è sicuro.

"Scoprire che tuo marito ti tradisce con un altro non è semplicissimo da gestire, non credi?"

"Doveva essere pazzo. O cieco."

"Grazie. Anche se dite tutti la stessa cosa."

"Scusa."

"No, scusa tu. E' solo che tutti pensano subito alle preferenze sessuali. A nessuno viene in mente che mio marito potesse essersi innamorato."

"Touché."

In Henry J. Ginsberg, "VIENI VIA CON ME - storie d'amore e latitudini", Valentina Trentini, Trento, 2012, pp. 134, euro 13,5.
Il libro nasce dal blog www.tempiemodi.com, dove una parte dei racconti è stata pubblicata, con cadenza settimanale, da febbraio a luglio di quest'anno.
 
 
In libreria e in internet (IBS ecc.)

Sogno


DEL DIMENTICARE LE TRAME

Improvvisamente si rende conto di essersi completamente dimenticato le trame di alcuni romanzi che ha letto negli ultimi anni, e che gli erano piaciuti moltissimo.

Ad esempio: ha letto qualche autore israeliano. ha letto Amos Oz, gli è rimasta l'atmosfera della città nel deserto (quale città? Ed era veramente il deserto? Era forse un kibbutz?), l'aria secca, il caldo la notte nelle stanze, un uomo e una donna, i corpi sudati, l'attrazione, le barriere fra loro, il detto e il non detto. Ma cosa succedeva, veramente? Non ricorda nulla. Vagamente, dei problemi amministrativi, se si sforza, un centro sociale che la donna vorrebbe costruire, o forse no, un centro per il recupero dei tossicodipendenti, lui è scettico, non vuole mettersi contro il consiglio comunale (o è l'assemblea del kibbutz?), c'è di mezzo un edificio in rovina, da recuperare, forse una truffa, e poi anche altre costruzioni, che forse c'erano, nel romanzo di Oz, o forse no, quei centri commerciali, quei non-luoghi, nelle new town, nelle città in mezzo ai deserti, sorte dal nulla, per ragioni di geopolitica...
In verità non ricorda quasi nulla se non che nell'ultima pagina la donna decide che andrà nella stanza dell'uomo a fare l'amore.

Aveva anche letto Yehoshua, in questo caso almeno ricorda il titolo, Un matrimonio tardivo (aveva letto anche L'amante e quello se lo ricordava già un po' di più, anche se sempre poco). Di cosa parla Un matrimonio tardivo? Nulla. Tabula rasa. Eppure se l'era divorato, all'isola d'Elba, pur avendo altro da fare, stava scrivendo un libro, uno dei tanti libri che ha scritto e poi non ha pubblicato, una biografia, mai pubblicata, l'uomo di cui si parla non ha mai rilasciato la liberatoria, così ha lavorato per niente, quell'estate, all'Elba, e poi a casa sua, nel suo studio, eppure ha letto Un matrimonio tardivo, gli è piaciuto, e l'ha dimenticato, del tutto.

Ha continuato a leggere, negli ultimi anni, anche se ne ha lasciati lì a metà più spesso del solito, per la prima volta nella sua vita si è reso conto che i libri non bastano a rendere la vita migliore, non sempre, ne ha piantati lì perché sapevano di già letto, già sentito, superato, andato, passato, metabolizzato. Ha letto qui e là e ha riletto dei volumi, a volte delle biografie, dei libri di viaggio, spesso li ha piantati lì perchè non gli sembrava potessero insegnargli nulla, e non lo distraevano nemmeno, non gli restituivano il sapore della vita vera e lui aveva urgenza di vita.

La verità è che è stato impegnato, negli ultimi anni, ha avuto altro da fare, ci sono state accelerazioni e frenate, vortici dai quali è stato risucchiato e ascese, e sorprese, e in ogni modo, sì, ha letto meno del solito e pochi, pochi libri davvero memorabili, ha assaggiato qui e là, svogliatamente, spesso si è distratto e spesso ha avuto altro da fare.


Foto: Mar Morto (novembre 2010)

Facce da Botox

Da "Yahoo" (ovvero, notizie dal mondo delle magiche non-notizie della rete)

"A dire il vero, il termine coniato dai medici per sottolineare quella che sta diventando una vera e propria ossessione anche nel nostro paese per il botox è Botulinofilia!
La voglia di essere sempre più belli e sempre più giovani, dilaga anche nel nostro bel paese con prepotente tenacia.
Basta fare due semplici calcoli per farsi un'idea di quanto questo "fenomeno" stia dilagando: negli ultimi anni, infatti, le persone che si sono sottoposte alla tossina botulinica sono state così tante, da far schizzare questo intervento al secondo posto assoluto tra quelli più richiesti nella chirurgia estetica.
A rendere noto il "preoccupante" fenomeno, sono stati proprio gli specialisti del settore, che si sono riunitisi in occasione del 14esimo Congresso internazionale di medicina estetica Agorà-Amiest a Milano.
La richiesta di una "spianatina" alle rughe, quindi, viene battuta solo da quella del ridimensionamento del profilo delle labbra ma il sorpasso, giurano i medici, è cosa possibile! Infatti, basta pensare al fatto che il botox, quattro anni fa, era "solo" al 4° posto tra gli interventi richiesti ed ora mantiene, solitario, il secondo posto."

Nella foto: no-botox face.


Rosa di una rosa


Philip Larkin - Aubade

Interamente debitore per questo post a http://poesiesenzapari.blogspot.it/


Philip Larkin

AUBADE


Lavoro tutto il giorno, a sera sono brillo.

Alle quattro sto sveglio nel buio muto, fisso.

Gli orli delle tende via via schiariranno.

Frattanto vedo quello che in realtà c’è sempre:

la morte infaticabile, d’un giorno intero più vicina,

che rende ogni pensiero impossibile tranne

come dove e quando dovrò morire io stesso.

Arido interrogarsi: eppure la paura

di morire, d’essere già morto,

lampeggia nuovamente, avvince e terrorizza.



La mente sbianca all’abbaglio. Ma non di rimorso

– il bene non fatto, l’amore non dato, il tempo

strappato e non usato – né disgraziatamente

perché una sola vita può spendersi tutta a riscattare

i suoi inizi sbagliati, e non riuscirci mai;

ma per il vuoto totale ed eterno,

la sicura estinzione alla quale andiamo incontro,

dove saremo persi per sempre. Non essere qui,

né in nessun altro luogo,

e presto. Nulla di più terribile, nulla di più vero.



Ecco un modo speciale di prendersi quella paura

che nessun trucco scaccia. Provò la religione,

quel logoro e vasto broccato musicale

creato a farci credere che non morremo mai,

tutte quelle sciocchezze del tipo Nessun essere pensante

può temere una cosa che non sente, senza accorgersi

che è questo a spaventarci: niente vista, niente suono,

niente tatto o sapore, né odore, niente con cui pensare,

niente da amare e niente a cui legarsi,

l’anestesia dalla quale nessuno si risveglia.



Così rimane ai margini della visione,

una piccola fioca presenza, un freddo immobile

che frena i nostri impulsi fino all’indecisione.

Tante cose potrebbero non accadere mai:

questa accadrà, e il capirlo deflagra furioso

in bruciante paura se ci coglie senza niente

da bere o compagnia. Il coraggio non serve:

vale a non spaventare altri. L’essere forte

non risparmia la tomba a nessuno.

La morte non cambia se frigni o se l’affronti.



Lentamente la luce cresce, la stanza prende forma.

Certo come un armadio sta quello che sappiamo,

che abbiamo sempre saputo, che non si può sfuggire,

ma nemmeno accettare. Una parte dovrà cedere.

Frattanto i telefoni vegliano, pronti a squillare

in uffici ancora chiusi, e l’intero indifferente

intricato mondo in affitto comincia a svegliarsi.

Il cielo è bianco come calce, senza sole.

Il lavoro va fatto.

Postini come dottori vanno di casa in casa.



Traduzione di Francesco Dalessandro

da Collected Poems, Faber and Faber, 1988

Sri Lanka - Landscape from the top of Sigiriya

 
Eravamo saliti solo io e Alice. Un sentiero attrezzato, però ugualmente vertiginoso. Si stava avvicinando il temporale. Fra le rocce, all'attacco della salita, branchi di scimmie ipercinetiche. Eravamo soli.
Siamo saliti sempre più su, gradino dopo gradino, aggrappati a vecchi ferri arrugginiti, avvitati alla parete rocciosa. Infine siamo approdati alla cima. Gli unici, fin quando non ci ha raggiunto una coppia di ragazzi cinesi. Uno di quei momenti belli. Quando sei in cima a qualcosa e vorresti salire ancora, di slancio, vorresti trovare la corda che pende dal cielo.
Non aveva piovuto, solo ammassi nuvolosi sopra la savana e i villaggi e le strade in riparazione e i corsi d'acqua e i chioschi e le rovine e i lodges e le risaie.
Boato nel ricordo, nel tempo che verrà.

Lou Reed - Men Of Good Fortune






Riflessione sulle origini familiari, da parte di un personaggio nichilista che non riesce a prendere posizione (tipico dei personaggi di Lou Reed).

Gli uomini di buona famiglia spesso fanno cadere imperi
mentre gli uomini di umili origini
spesso non possono fare proprio niente
Il figlio ricco aspetta la morte di suo padre
il povero può solo bere e piangere
e a me, a me non frega proprio niente

Gli uomini di buona famiglia molto spesso non riescono a fare niente
mentre gli uomini dalle origini umili spesso possono fare di tutto
Cercano di comportarsi da uomini gestiscono le cose
al meglio delle loro possibilità
non hanno un papà ricco su cui contare
Gli uomini di buona famiglia spesso fanno cadere imperi
mentre gli uomini di umili origini
spesso non possono fare proprio niente
Ci vogliono soldi per fare soldi, dicono
guardate i Ford,
non hanno cominciato così?
in ogni modo, per me non fa alcuna differenza

Gli uomini di buona famiglia
spesso desiderano morire
mentre gli umili
vorrebbero ciò che hanno loro
e morirebbero per ottenerlo
Tutte quelle grandi cose che la vita ha da offrire
vogliono avere i soldi e vivere
a me, a me non frega proprio niente

Gli uomini di buona famiglia
uomini di umili origini
Gli uomini di buona famiglia
uomini di umili origini...




Dublino


Vieni. Riempi quest’assenza. Riempi queste cavità risonanti. Vieni da laggiù dove sei, vieni dal tuo cielo, vieni sotto il mio. Non importa quello che hai fatto, non importa quello che ci è successo, non importa quello che abbiamo vissuto, non importa chi abbiamo lasciato, e come.

Vieni a Dublino, prendi la strada che sai, dall’aeroporto fino a qui. Sali i gradini, suona alla mia porta, non farti spaventare dalla distanza, non lasciar perdere per la pioggia, non pensare a quello che ci siamo detti l’ultima volta, a come lo abbiamo detto, tutti i corpi tesi, innervati di rabbia, corpi che si erano allacciati, corpi che si erano riconosciuti.

Vieni adesso, non lasciare passare un altro minuto, prenota l’ultimo posto, prendi un taxi, lascia una mancia generosa, lascia che luci azzurre ti inseguano vanamente, fatti portare agli imbarchi, non portare nulla con te, ci sono ancora le cose che hai lasciato quella sera, il tuo spazzolino, il tuo rasoio, la tua schiuma da barba, l’ombrello, il gel, la custodia dei tuoi occhiali, la t-shirt che indossavi la notte.

Vieni col tuo passo pesante, vieni con il tuo rancore, vieni con il tuo calore, lascia scorrere la pioggia oltre i vetri, lascia che il mare si alzi e sbatta con forza contro le paratie, lascia che i pali ondeggino nella bufera, che i tralicci crollino del loro peso, lascia che la grandine riempia i pozzi e i camini, che le vallate tremino di gelo, che i fiumi si prosciughino sotto la sferza del sole, che la terra si spacchi e lasci uscire i suoi fumi. Vieni con le tue scarpe italiane, vieni con la tua sciarpa di cashmere, con la tua borsa di pelle, con il tuo Joyce, passa oltre l’Abbey Theatre, passa il Trinity College, non sai quanti ci hanno lasciato l’anima? Supera di slancio il Temple Bar, non sai, oh, lo sai bene, lo sai eccome, quanti sono rimasti lì, troppo a lungo, una pinta e poi un’altra pinta? Passa il Liffey, non indugiare, non fissarti sull’acqua che scorre, non guardare il cielo, lo sai quanti ci hanno lasciato gli occhi? Vieni qui,stai con me, dietro ai vetri, stringiti a me, non portare niente, neanche un regalo, non portare il tuo passato, non portare nemmeno il nostro, di passato, vieni a mani vuote e stringimi, accarezzami, vieni a lasciarmi lividi sulla pelle bianca, vieni a incalzarmi, a insultarmi, a dissodarmi, ad ararmi, vieni con tutta la tua dolcezza, vieni con la timidezza che ti impedisce persino di ordinare al ristorante, con i tuoi pensieri dispersi, radunali, dammeli, fammici affondare le mani, fammeli toccare, fa che li separi per vederli meglio e poi mostrarteli, ecco, questo sei tu, guardati, riconosciti, ti aiuterò, li rimetterò assieme, per te, perché tu possa specchiarti, perché tu possa dire: “Sì, mi sembrava, ecco, mi sembrava di essere così, di essere stato, così, almeno una volta, ecco dunque la mia faccia, ecco la mia vita, ecco il pescato in fondo ai miei misteri, ecco le mie inclinazioni, i miei doveri, ecco l’arcobaleno che sciabola dalla mia infanzia all’attimo presente, ecco i colori di cui è intessuta la trama dei miei sogni.”

Vieni adesso, ci siamo fatti del male, ci siamo fatti del niente, voltandoci le spalle, ignorandoci, facendo come non ci fossimo mai incontrati, come se ci fossero paludi, fra noi, fogne scoperchiate, miasmi, fetori, trova la spinta dei tuoi lombi, trova il respiro possente per spiccare il salto, sopra le sabbie mobili dell’orgoglio, la tagliola dei piaceri occasionali, la falsa coscienza del tempo che passa, le ore-ore di televisione, computer, biblioteche, shopping, le domeniche vuote, le palestre, le saune, i film, i romanzi, i segnali di fumo, le carte geografiche, le vacanze prenotate, le partenze rimandate, lascia che il vento gonfi la coda del tuo cappotto, sollevi il colletto della camicia, faccia vela con ogni tessuto che indossi, ti trascini via da ovunque tu abbia trovato rifugio, segui la strada che sai attraverso la cortina della pioggia, segui i graffiti sui muri, parlano di te, segui le vetrine, i neon, i manifesti, i battenti di ottone, i giardini, le insegne dei pub, segui le geometrie orgogliose, i profili fatiscenti, le chiese, i cambiavalute, i fast food, i ristoranti cinesi, le scritte in gaelico, segui la corda rossa della memoria, vieni in questa via di Dublino, bussa a questa porta, entra, togliti il cappello, scuotiti, siediti, fa che io sia, di nuovo, la tua casa.


Afono



L' afonia è un disturbo, temporaneo o permanente, caratterizzato dall'incapacità totale di produrre suoni con la voce.

Ipocrisia olimpica

L'ipocrisia regna sovrana e riscuote anche molto successo, specie sui social network, il che dimostra che i frequentatori di FB ecc. non sono l'avanguardia della nuova umanità. L'ultima in ordine di tempo è l'espulsione dai giochi olimpici di una saltatrice greca, tale Voula Papachristou, che ha inviato un tweet "razzista". Ora, a me il razzismo fa vomitare, mi sembra il grado zero dell'intelligenza umana, ma da quand'è che si controlla la caratura ideologica degli atleti olimpici prima di ammetterli ai giochi? Davvero qualcuno pensa che razzisti non ce ne siano fra le compagini italiana, israeliana, ugandese ecc.? Fra l'altro, il 90% delle fonti citava il tweet e non spiegava nulla, segno questo che l'informazione che si fa su questi eventi (eventuccoli, nevvero...) è approssimativa e incomprensibile ai più. "Con così tanti Africani in Grecia le zanzare del Nilo occidentale almeno mangeranno cibo di casa!!!!". Uno legge e si dice: boh. Cosa vuol dire? Perché parla degli africani in Grecia se è a Londra per le olimpiadi? Con chi ce l'ha? E il Nilo? Mah.
A furia di cercare ho trovato finalmente il riferimento corretto (sul sito di un quotidiano di provincia): in sostanza, ad Atene è scoppiata un'epidemia di febbre del Nilo (forse parente della malaria, visto che a trasmetterla sono le zanzare) e un cittadino greco è anche morto. Detta così, dunque, una pessima battuta. Ma giustifica un'espulsione dalle Olimpiadi?
E la giustifica il fatto che un'altra atleta si sia portata a letto il fidanzato? Davvero si pensa  ancora che l'attività sessuale sia nociva a quella sportiva? Non era passata di moda questa credenza? Non si era detto che semmai è vero il contrario? Oppure la brasiliana Iziane Marques, espulsa dalla squadra femminile di basket, ha violato qualche altra regola, che riguarda magari la sicurezza? La cosa divertente è che la Marques anziché fare casino ha ammesso la colpa e ha chiesto scusa. Questi giovani d'oggi sono giovani d'ordine, si succhiano tutto senza dire "bao".

Ipocrisia e perbenismo regnano sovrani anche sul web. Ultimamente vanno di moda dei post assurdi con foto che ritraggono donne africane stremate dalla fame o altre che hanno donato un organo ad un parente, associate ad un commento del tipo: altro che la farfallina di Belen, questa donna sì che...
Ora, la farfallina di Belen (e tutto ciò che riguarda Belen) ci ha rotto i sacchetti scrotali da un bel po'. Ma cosa c'entri lei con i disastri del mondo è davvero difficile da capire (a parte i disastri causati dal gossip, ovviamente, ma insomma,  non è che il gossip lo si può eliminare fisicamente a colpi di lanciafiamme come i libri nel romanzo di Bradbury r.i.p.).
Fare provocazioni di questo tipo è facilissimo. Balotelli accanto a un profugo del Mali dopo una settimana di gommone senza acqua e cibo, Scarlett Johannson fianco a fianco con una malata terminale, Draghi o Bill Gates con un paria di Calcutta...
Queste idee ce le aveva Oliviero Toscani 20 anni fa, erano un po' azzardate già allora, hanno fatto la fortuna di "Blog", ora direi basta. Gli accostamenti stranianti o provocatori, se proprio dobbiamo farli, facciamoli meglio di così e asciughiamoli dal moralismo che ne gronda, please!

Che il moralismo, se non si sapesse, è proprio l'esatto contrario della morale. E' quel velo peloso e appiccicoso (può una cosa essere al tempo stesso pelosa e appiccicosa? Direi di sì) che dove si posa rende tutto indistinguibile, saturo, iperglicemico. Insomma, una schifezza.