L'emozione e la conoscenza


Sabato farò il giurato ad un festival cinematografico, per la precisione il festival di cinema religioso di Trento (collaborazioni attive o in start up con varie sedi sparse per il mondo da Ferrara a Gerusalemme, da Bolzano a San Paolo).

Conosco questa manifestazione dai suoi esordi, e mi ha fatto molto piacere essere stato coinvolto. Sono un agnostico come poteva esserlo Protagora, credo, che aveva ben presente i limiti dell'uomo quando si imbarca in discorsi che riguardano il non-umano, cioè gli dei. Sono un esemplare di non-credente che dialoga volentieri con chi invece credente è, indipendentemente dalla fede professata. Ho visto abbastanza missionari in giro per il mondo, abbastanza maomettani e monaci buddisti (compreso mr. Tenzin Gyatso qui sopra. E...sì, in effetti, sembro un po' Forrest Gump) da essere ormai vaccinato contro la tentazione di generalizzare qualsivoglia giudizio negativo possa aver formulato nei confronti di un papa, un vescovo, un mullah, una gerarchia eclesiastica. Almeno fino a quando potrò continuare la mia vita priva di fedi ma irresistibilmente attratta dal misticismo senza essere importunato da un talebano o un tribunale dell'Inquisizione. Comunque, ero alla presentazione dell'evento, ieri, e il presidente della nostra giuria ha detto bene una cosa che ho sempre saputo ma che non ho mai formulato in questi termini. "Il cinema non è solo emozione superficiale, quella che passa e non lascia il segno. Il cinema può far scaturire un'emozione che è anche conoscenza, che è anche comprensione".

Comprendere attraverso l'emozione. Sì, è quello che mi succede ascoltando la musica. Ascoltando ad esempio, come stamattina, un vetusto pezzo dei primi anni '80 come "Sunday bloody sunday". Posso aver letto dei libri su quella domenica di sangue del 1972 a Derry, Irlanda del Nord, quando i paracadustisti inglesi spararono contro i cattolici radunatisi per una manifestazione di protesta, uccidendone 13 (alcuni colpiti alle spalle, mentre scappavano). E certo, avere letto, avere studiato, mi avrà senz'altro aiutato a conoscere, a capire, a razionalizzare. Ma quando sento quella canzone, quegli accordi di chitarra che l'introducono, quella batteria che simula il tempo di una marcetta militare, è un altro tipo di conoscenza che passa per i miei centri nervosi, è un altro tipo di comprensione (e di commozione, e di sdegno) che mi infiamma la pelle. Una volta forse temevo questo genere di cose. Studente zelante, seguace di Max Weber e del metodo dell'avalutatività, pensavo che la conoscenza dovesse essere depurata non solo dai giudizi di valore ma anche dall'eccessiva emozione. Perché l'emozione scalda, confonde, impedisce di analizzare a mente fredda, di pesare le variabili, le concause, i fattori e le loro interazioni. A teatro, mi convinceva Brecht, soprattutto. Il distacco con cui lo spettatore deve guardare al contenuto dell'opera. Marx e la scienza contrapposti all'anarchismo e alla passione.

Oggi la penso un po' diversamente. Penso che si può conoscere anche col corpo. E col cuore. Che i brividi, il riso, le lacrime, non vanno espulsi con leggerezza dai percorsi cognitivi. Del resto, nei laboratori di A.I. si insegna l'umorismo ai computer. Noi non siamo computer; quindi abbiamo qualche vantaggio.

Vigili sceriffi

Un altro cittadino - incidentalmente (ma forse non tanto) di origini africane - malmenato e ammanettato per una sciocchezza, una macchina parcheggiata in divieto di sosta. Responsabili, ancora una volta i vigili, ovvero queste polizie locali a cui dovrebbe essere delegata la sicurezza delle nostre città.
Ora, l'Italia per fortuna non è il Texas. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è di gente impreparata che si mette a menare le mani a sproposito.
Forse non avrei nemmeno notato il problema se un amico - al di sopra di ogni sospetto - non me l'avesse fatto notare. Lui ha fatto il carabiniere, è stato anche in posti dove veramente la repressione non è mai troppa (uso volutamente una parola che non apparterebbe al mio vocabolario) e sa distinguere un intervento anche "pesante" ma giustificato da uno assolutamente gratuito.
E questi ultimi fatti qui, da Parma a Milano, di sicuro giustificati non sono. A chi affidiamo la nostra sicurezza? A chi mettiamo in mano pistole e manette? E soprattutto: a chi rispondono questi individui quando abusano del loro potere?
Non sono fra quelli che ritengono che la malavita vada fronteggiata con le petunie, e nella sostanza approvo Maroni quando parla di guerra civile a proposito della mafia (e questa è la prima volta nella mia vita in cui sono d'accordo con un leghista). Ma quando poi si leggono certe notizie cascano le braccia.
SOS AGAINST RACISM
e parafrasando il vecchio Camerini "vigile urbano, per favore, non pestare più, non ammanettare più..."