Sulle rotte dell'Africa

Metti una sera con Anna Maria Gentili, storica dell'Africa, docente di storia e istituzioni dei paesi afroasiatici alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna, mia docente di tesi nel lontano 1991, e con Ungulani Ba Ka Khosa, scrittore che avevo segnalato sull'Uovo già qualche mese fa senza immaginare che avremmo cenato assieme ai Bindesi.
Una sera, insomma, di quelle che ti riconciliano con il mondo, sia per l'intelligenza delle cose sentite nella conferenza tenuta dalla Gentili alla Civica di Trento sia, insomma, perché a volte hai bisogno di risintonizzarti con il tuo io profondo. Ecco, ieri sera, per me, è stata una di quelle sere.

Se so qualcosa dell'Africa lo devo non a qualche viaggio che ho fatto o a qualche documentario girato ma alla Gentili. Nel 1986, quando ho cominciato a frequentare i suoi corsi a Bologna, conoscevo quasi nulla; all'epoca il tema "caldo" per uno studente impegnato politicamente (diciamo così) era la lotta all'apartheid in Sud Africa, e questo era tutto. L'Africa, per il resto, rimaneva un mistero.
Anna Maria Gentili, che aveva iniziato la sua attività di ricercatrice in paesi come la Tanzania o il Mozambico (paesi di socialismo africano, dunque) ci aiutava a fare chiarezza su tante cose. Da un lato, insegnandoci che l'Africa aveva una storia, che tutto andava visto in una prospettiva storica: la tratta degli schiavi, la colonizzazione, le crisi economiche internazionali, come quella del '29, i meccanismi della dipendenza sviluppatisi all'indomani della decolonizazione, la crisi del debito. Dall'altro, facendo piazza pulita su tanti luoghi comuni e pressapochismi (come quello che vuole l'Africa una vittima sacrificale delle multinazionali: "Quanta percentuale degli investimenti mondiali pensate attiri l'Africa oggi?", ci chiedeva).

Ieri a Trento, per una delle iniziative preparatorie alla settimana dei missionari "Sulle rotte del mondo", non è stata da meno. L'Africa di cui ci ha parlato è un'Africa che da un lato sviluppa esperienze di democratizzazione interessanti (il Ghana, ad esempio, non a caso il paese è il primo ad essere stato visitato dal neopresidente americano Obama); dall'altro però mostra anche situazioni di democrazia "bloccata" (lo stesso partito che continua ad essere rieletto ad ogni elezione: è il caso, inutile negarlo, dello stesso Mozambico, che pure è un paese ormai da tempo pacificato, anche grazie alla mediazione italiana) e in generale di calo della partecipazione dei cittadini alla vita politica e alle elezioni. "Ma la democrazia in Africa è cosa nuova - ha aggiunto - quindi io sono ottimista."
In quanto alle prospettive di sviluppo, gli indicatori com'è noto continuano a collocare i paesi dell'Africa subsahariana in testa alle classifiche sulla povertà; un dato, questo, che non può certo essere smentito, anche se di tanto in tanto qualche rivista ama parlare di "miracolo africano", tanto per dire qualcosa di originale. In parte ciò è dovuto alle condizioni ereditate dall'Africa al momento delle indipendenze (gravissime carenze infrastrutturali, bassi livelli di scolarizzazione ecc.) ma in parte pesano le scelte sbagliate fatte in seguito e ora gli effetti della crisi economica mondiale. Inolte l'Africa continua ad essere dipendente dall'esterno, ad esempio dall'esportazione di materie prime o di generi "coloniali", esposti alle fluttuazioni dei mercati. Riguardo alle critiche mosse da più parti agli aiuti internazionali (ad esempio dalla zambiana Dambisa Moyo, per la quale essi servono solo a consolidare le oligarchiea al potere), Anna Maria Gentili la pensa diversamente: "Non è vero che sono stati dati troppi aiuti, semmai troppo pochi. Certo, dipende da come gli aiuti vengono utilizzati. Ma trovo un po' 'pelose' queste critiche che stanno andando molto di moda. Io sono una storica, vado alle fonti: la Moyo dove lavora? Alla Banca mondiale."
Infine, una lancia spezzata in favore dell'Africa rurale, dei contadini che, anche se poveri, "non sono affatto indifferenti a questioni come quelle della democratizzazione e potrebbero giocare un ruolo importante nello sfamare le popolazioni dell'Africa se venissero adeguatamente supportati. Ma spesso, da questo orecchio, gli stessi organismi internazionali - come appunto la Banca mondiale - non ci sentono proprio."

Questo in brevissima sintesi, ovviamente. Poi devo dire che io mi sono goduto anche la cena, per quanto lei e Ungulani parlassero perlopiù in portoghese. Mi sono goduto battute del tipo: "La fine dell'aparhteid non ha liberato i neri, ha liberato i sudafricani bianchi, che ora si stanno comprando mezzo Mozambico per farci i loro resort turistici!". Ma anche osservazioni buttate lì che mi hanno riportato al tema della mia tesi di laurea: "Abbiamo fatto una nuova legge sul'emigrazione clandestina in Italia per coltivare l'illegalità, non per combatterla. La nuova legge ci mette a disposizione un esercito di lavoratori clandestini e di badanti clandestine, un esercito ricattabile, totalmente senza diritti, costretto a lavorare per compensi bassissimi." E' quello che successe nel Sud Africa dell'apartheid, pari pari. Ed era già tutto nella Bossi-Fini, solo a volerlo vedere.

Ungulani sarà lunedì 23 ancora alla Civica di Trento, in via Roma, per presentare i suoi libri. Io conosco "Ualalapi", un romanzo breve che racconta le gesta dell'ultimo re-guerriero del Mozambico, Ngungunhane (sconfitto dai portoghesi e morto in esilio alle Azzorre): è un libro straordinario, un libro pieno di fantasmi, di sangue, di sperma, e si chiude con un monologo davvero shakespeariano. Pensavo che lo scrittore riflettesse questa materia (che ingenuità), mentre non è così: ho trovato una persona disponibile e spiritosa, per niente "sinistra", uno storico pieno di sense of humor , di passione per il suo lavoro e il suo paese (qui sotto, il bassorilievo che illustra la cattura di Ngungunhane, a Maputo).



Gli eventi della settimana dei missionari (compresa la conferenza della Gentili) sono o saranno visibili qui: www.missionetrentino.it