Avanti Pop


Metti un quartiere cittadino che ha conservato la dimensione del paese, a ridosso di una fabbrica gigantesca di quelle "di una volta", un cementificio bianco delle polveri delle sue lavorazioni fino alla cima delle ciminiere, anche se dismesso da anni. Aggiungici un gruppo italiano fra i più tosti in circolazione, i Tetes de Bois, una matita del calibro di Staino, un "ospite speciale" che a sua volta rappresenta una delle migliori voci che il pop italico abbia sfornato, Francesco Di Giacomo del Banco del Mutuo Soccorso. Agita il tutto in una location singolare, la galleria di una statale dove fino a qualche mese fa sfrecciavano i tir, e avrai il cocktail servito ieri sera a Piedicastello, Trento, battezzato dai suoi creatori "Avanti Pop".

Tappa del progetto (tour sarebbe riduttivo) che i Tetes de Bois stanno portando in giro per l'Italia, dalla Locride alle Dolomiti, attraverso le storie e i fantasmi che popolano le fabbriche dismesse del Belpaese, lo spettacolo ha scavato in profondità nella memoria di un quartiere fino a poco tempo fa martirizzato anche da un'arteria stradale che aggiungeva nuove polveri e nuovo rumore a quelli prodotti per anni dall'Italcementi. E proprio all'ombra dell'Italcementi - oggi in attesa di nuova identità nel contesto di una Trento in profonda, radicale trasformazione - è inziata la serata, aperta dalla corale "Bella ciao"con alcuni dei canti storici della tradizione operaia e contadina: "Siur padrun", "Gli scariolanti", "La mondina", "Amore mio non piangere". Di Giacomo ha poi preso in consegna gli spettatori - pochi ma buoni - portandoli nella piazzetta del quartiere, per una sorta di amarcòrd di come la vita doveva essere un tempo (o forse, chissà, solo una ricostruzione di come avremmo voluto che fosse): accanto alla fontana, un quartetto mandolinistico, "Neuma", ad accompagnare le arie di Sabrina Modena, affacciata al balcone di una delle case vecchie.

E poi tutti in galleria, dove i Tetes de Bois hanno suonato per più di un'ora, mentre alle loro spalle si materializzavano le vignette di Staino, con il celebre Bobo. Ma soprattutto, a prendere la parola è stato il quartiere, rispolverando una brutta storia del 1963, quando un tentativo di speculazione edilizia stava per metterne in forse l'esistenza. Dopo una modesta frana di sassi dal Doss Trento, il "panettone" di roccia che sovrasta le case (tipico luogo di insediamenti neolitici), le autorità decisero di svuotare Piedicastello, trasferendone gli abitanti in altri quartieri cittadini. Dietro, come denunciato in una lettera da Livia Battisti, figlia del celebre irredentista, si intravvedevano le manovre speculative della Italcementi, decisa ad utilizzare il Doss come cava. Alla fine, non se ne fece nulla, fortunatamente, anche se alcune famiglie se ne andarono e nella memoria storica rimase per sempre incisa una pessima vicenda di intrallazzi industrial-politici.

Ma nella galleria anche altre testimonianze, ad esempio quella di un bambino claudicante che portava le capre a pascolare in montagna, prima di diventare cameriere finendo - passo passo, da un bar a un albergo e poi a un'albergo più grande e così via - fino a Buckingham Palace, maggiordomo della regina d'Inghilterra; una storia da romanzo di Baricco, solo che è vera (a volte allora la realtà assomiglia un pochino ai romanzi di Baricco?), e a raccontarla c'era il suo protagonista, oggi ultraottantenne. E poi, ovviamente, tanta buona musica: fra le canzoni, una versione da brivido de "Albatros", rilettura dei Tetes de Bois della poesia di Baudelaire ("i grandi uccelli del mare dalle ali giganti, derisi dai rozzi marinai quando precipitano sulla tolda delle navi, oggi sono gli immigrati") e una superba "Imagine", per la voce di Di Giacomo.

E poi, lasciatemi dire, ma per una sera la sensazione - anche per me che ero lì da solo - di essere in mezzo ad amici. Cioè a gente che non predica l'odio razziale, che partecipa ad un doveroso tributo ad un'Italia oggi scomparsa (per lo meno dall'immaginario collettivo, e forse anche dal panorama politico): quella operaia.
(Foto: i Tetes de Bois nel tunnel di Piedicastello - foto Cavagna)