Lover, you should've come over



Nel prato arrivarono delle ragazze, con il suo poster. Cercavano di conquistare la prima fila, evidentemente per stare, per un paio d'ore, ad un passo da lui. Realizzammo all'improvviso che era un bel tipo, non solo uno straordinario cantante venuto dal nulla. Il nuovo Jim Morrison, o qualcosa del genere. Connesso con le stazioni che solo qualcuno può captare.
Cielo enorme sopra la pianura.
C'era anche un uomo con suo figlio, sembrava più entusiasta di lui di essere lì, scalpitava nell'attesa. Mi chiedevo se sarebbe stato così anche per me.

"Grace" era passato nel firmamento della musica come una cometa splendente, il più bel disco degli anni '90.

Se gli angeli fossero esistiti, avrebbero avuto la sua voce.

Cucire, suturare



C'è chi si adopera per questo. Sanare, suturare, cucire. Lenire il dolore degli altri e a volte anche il proprio, naturalmente.
I più ammirevoli sono quelli che lo fanno senza clamore. Anche se non ho mai pensato che l'esposizione del dolore e delle sue conseguenze (comprese quelle positive, la cura, in ogni sua forma) siano cose di per sé riprovevoli.

Pavese diceva che al dolore non si sfugge, che una volta sperimentato tornerà e tornerà, che non puoi "farci il callo". Si riferiva al dolore esistenziale.
In quanto all'esperienza della sofferenza fisica, del male in natura, della malattia, i dottori di solito l'affrontano come i giornalisti affrontano le notizie peggiori. Con una sorta di distacco, di fatalismo. Necessario all'esercizio della professione. Allora forse a questo tipo di dolore ci si abitua, ci si abitua per forza.
(Parliamo, certo, del dolore altrui, che puoi condividere fino a un certo punto).

Abbiamo visto tante serie tv sugli ospedali, sappiamo che lì dentro si può anche ridere.

La volontà di dio. Il ciclo della morte e della rinascita. Il conforto che viene da un paesaggio, un colpo di vento, l'agitarsi di una tenda, il passaggio di una nuvola nel rettangolo della finestra. Il conforto del cibo e degli antidolorifici.

In Africa la gente vive gomito a gomito con la sofferenza e la morte, tutti i giorni, eppure la vita sembra scorrere più lieve, più che qui, con meno clamore. Forse è solo apparenza, so per esperienza che spesso la gente malata si nasconde, non ama farsi vedere ridotta in quel modo. Gli stessi parenti a volte non resistono, fuggono.
Alcuni nel prendersi cura degli altri si sentono importanti.
Alcuni riescono a conservare quel sorriso, e tutto intorno si illumina, si rasserena, anche in un ospedale in mezzo alla savana, con le galline e le mucche, fuori, con la luce che va e viene.

E poi, le mamme felici, dopo che ai bambini è stata tolta l'acqua dal capo. L'orgoglio dei dottori, quella sorta di spavalderia, persino. Come ci si deve sentire, a fare un lavoro davvero utile.

E poi ancora, arriva un altro tramonto.

Foto: In Zimbabwe (L'uovo fritto)