Shirin Ebadi, una testimonianza



Nella giornata di San Suu Kyi, una piccola testimonianza di un'altra donna coraggiosa, Shirin Ebadi, iraniana, premio Nobel per la pace 2003. La breve intervista (troppo breve, i protocolli delle visite ufficiali e i tempi della politica uccidono il giornalismo) è del mese scorso, quando Shirin Ebadi è venuta in visita a Trento, accompagnata dai reponsabili della Fondazione Langer (Bolzano) e del Forum trentino per la pace. La Ebadi era in regione per ritirare appunto il Premio internazionale Alexander Langer, assegnato quest'anno a un'altra donna, Narges Mohammadi, ingegnere, giornalista, presidente del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale della pace in Iran, che non ha potuto venire in Italia per gli ostacoli frapposti dal regime iraniano.
Shirin Ebadi, nata nel 1947 a Hamedan da una famiglia di giuristi, laureata a Teheran, giudice (la prima donna a ricoprire questa carica nel Paese), è stata costretta ad abbandonare la sua attività nel 1979 dopo la rivoluzione khomeinista, proprio perché donna (solo nel 1992 ottenne l'autorizzazione ad aprire uno studio privato come avvocatessa). E' anche docente universitaria e attivista per i diritti umani. "L'Iran sta passando giorni difficili - ha detto, riferendosi ai fatti di luglio - ; adesso la contestazione è diminuita ma il fuoco cova sotto la cenere. Il paese è come una polveriera sul punto di esplodere, ed è nostro compito evitare che ciò accada." Riguardo alle contestazioni che hanno seguito le elezioni, dopo avere comunque sottolineato come in Iran non vi siano elezioni democratiche, perché non tutti possono liberamente candidare, il premio Nobel ha spiegato che all'inizio esse furono assolutamente pacifiche. Ma dopo la prima manifestazione, "in cui non era stato rotto neanche un vetro, venne aperto il fuoco sulla folla dall'alto di un palazzo governativo, e 8 persone vennero uccise (ricorda l'inizio dell'assedio di Sarajevo, quando i serbi cominciarono a sparare dall'Holliday Inn, allora sede del Partito democratico Serbo, su chi manifestava per la pace, uccidendo Suada Dilberovic, 23 anni, croata, studentessa in medicina, che divenne la prima vittima civile della guerra di Bosnia, ndr). Questo è stato l'inizio della repressione violenta contro il popolo. Il giorno dopo c'è stata l'irruzione al dormitorio degli studenti all'università di Tehran, e a seguire una escalation di arresti e di repressione". All'Occidente Shirin Ebadi, negli incontri che sta avendo in queste settimane, chiede di protestare contro il regime iraniano e di pretendere la liberazione delle persone arrestate. "Non bisogna negoziare con il regime fino a quando non avrà accolto queste richieste", ha detto.