Sloi, la fabbrica degli invisibili


Ieri sono stato alla prima proiezione pubblica del film "Sloi, la fabbrica degli invisibili", di Katia Bernardi e Luca Bergamaschi. Racconta la storia di questa fabbrica nata durante il fascismo, a ridosso della Seconda guerra mondiale, per la produzione di piombo tetraetile (un additivo della benzina super), gestita anche dopo la fine della guerra da un ex-fascista, amico di Starace, e chiusa finalmente nel 1978, dopo avere avvelenato centinaia - forse migliaia, non ci sono a tutt'oggi statistiche attendibili - di operai oltre al terreno sulla quale sorgeva, ancora da bonificare.
Un pezzo della storia industriale non solo del Trentino ma di tutto il nostro Paese, uno squarcio su un pezzo di realtà alpina lontana dalla retorica della natura incontaminata e degli Schuetzen, delle mucche al pascolo e dell'eccellenza delle "piccole patrie". Trento e Bolzano furono, per precisa scelta politica, insediamenti industriali importanti, collocati strategicamente lungo l'asse del Brennero e a ridosso del mondo tedesco (a Bolzano furono anche al servizio di un processo di italianizzazione forzata del territorio). Portarono lavoro in una regione dalla quale si emigrava, questo sì: ma a volte ad un prezzo altissimo.
Del resto, Stava ce lo ha già insegnato che le genti di montagna non hanno necessariamente degli speciali "sensori" per captare i rischi ambientali, per quanti sforzi facciano, per quante antenne drizzino; anche perché non vivono isolate dal contesto globale. E dopotutto, prima o poi si dovrà pur quantificare l'avvelenamento dei suoli ( e delle persone) generato dall'agricoltura intensiva...
Ma il film racconta anche la formazione e poi il lento disfacimento di una cultura operaia, il dissolversi della way of life fordista (fatta di spirito di corpo, di club e gite aziendali, insomma del paternalismo cone antidoto alla lotta di classe) sotto la spinta della crescente domanda di mercato, racconta l'assenza della politica (soprattutto democristiana, in questo caso) pur se messa di fronte all'evidenza di una realtà produttiva fortemente nociva, racconta la natura del profitto per ciò che è, puro istinto predatorio. Racconta anche gli aspetti oscuri ma non incomprensibili, il fatto che ci fosse consapevolezza del rischio, anche nei lavoratori, e di come quel rischio venisse monetizzato (pare comunque che il turn over fosse altissimo). Racconta infine le tragedie private delle famiglie, gli intossicati rinchiusi in manicomio, e questo in una terra di matrice cattolica, in una terra che fra le prime ha adottato il cooperativismo. Nella Trento del '68, della protesta studentesca.
Oggi i capannoni della Sloi danno asilo agli immigrati che arrivano in città e non sanno dove andare. Sono uno spettrale set cinematografico, temo non ancora un monito.

Questa la scheda del film.

SLOI, LA FABBRICA DEGLI INVISIBILI
di Katia Bernardi e Luca Bergamaschi


Sloi. La fabbrica degli invisibili è prodotto dal Gruppo culturale Uct in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento, la Fondazione Museo Storico del Trentino, la Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Format e Consiglio Regionale del Trentino Alto Adige e realizzato dalla Krmovie di Trento.
Il film documentario, intende ripercorrere le tappe della storia della fabbrica Sloi di Trento, dalla sua nascita negli anni del Fascismo fino alla sua drammatica chiusura, avvenuta nel 1978 in seguito all’esplosione di un incendio che avrebbe potuto contaminare l’intera città. La Sloi nasce come fabbrica di guerra nel 1940 per la produzione di piombo tetraetile, il liquido da miscelare come antidetonante alla benzina, necessario prima all’aviazione di tutto l’Asse di Ferro, poi negli anni del boom economico. La Sloi è una grande opportunità per una città che si sta trasformando da rurale a industriale: crea lavoro e benessere. Ma il piombo tetraetile è una sostanza altamente nociva, che provoca sintomi simili a quelli dell’alcolismo, i quali innescano un processo fatale che dalla follia conduce alla morte. La Sloi, con le sue migliaia di intossicati e decine di morti è stata il simbolo di un sistema economico che, ancora oggi, in infiniti luoghi del mondo, baratta la vita con il denaro.

Il documentario della durata di 52 minuti intende mettere in luce, attraverso le testimonianze dirette di alcuni degli ex operai della Sloi e di alcuni tra i protagonisti coinvolti nella storia della fabbrica, gli aspetti di una storia che non è dipinta di bianchi o di neri, ma di sfumature di grigio dove vita, sofferenza e morte si incrociano in un luogo unico e allo stesso tempo emblematico dell’eterno compromesso umano tra potere e accettazione.

Le riprese hanno avuto luogo all’interno dell’area dismessa della fabbrica e all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana.
Il documentario contiene anche una parte evocativa interpretata dall’attore Klaus Saccardo.
La troupe creativa e tecnica del documentario si è in parte creata grazie al workshop Raccontare l'avventura della scorsa edizione del TrentoFilmfestival.