Il nobel per la letteratura a Herta Muller


Il nobel alla letteratura è stato assegnato a Herta Muller, di cui avevamo parlato qualche mese fa in questo blog, suggestionati dalla lettura del suo "Il paese delle prugne verdi", edito dall'editore Keller di Rovereto (Tn).

Riporto qui il lancio Ansa. Proprio oggi, e riguardo a un precedente post sul tema, ho ricevuto una mail che confuta in parte sia quanto raccontato dalla Muller riguardo alla dittatura di Ceausescu in Romania sia quello che ricordavo io del mio viaggio in Transilvania del lontano 1986. Bene, credo che la scrittura della Muller sia effettivamente molto interessante, una scrittura assieme lirica e asciutta, inizialmente difficile da decifrare, di certo non banale. La descrizione che dà della Romania di quegli anni è impressionante: ma non dico questo perché amo il romanzo "impegnato", l'arte "di denuncia". Credo che l'unico impegno di uno scrittore consista nel dire bene ciò che deve essere detto. Ed in questo mi pare che lei si sia rivelata all'altezza del compito (perlomeno in quel libro).
Riguardo a Ceausescu, penso che ogni dittatura abbia molte facce: fra le tante, ve ne possono essere anche alcune accattivanti. Conosco rumeni i quali oggi dicono che "si stava meglio quando si stava peggio". Io stesso ero stato colpito da alcune cose che avevo visto (o forse solo sentito dire) in Romania, ad esempio riguardo all'assenza di criminalità (vera o presunta essa fosse, e non parliamo qui della criminalità politica). I ragazzi rumeni che ho conosciuto erano molto colti e conoscevano la letteratura occidentale anche meglio di noi. Non so bene dove la trovassero visto che io nelle librerie avevo visto solo libri di propaganda politica, ma evidentemente c'erano (o si studiavano). Comunque, è vero ciò che sostiene questa persona, probabilmente: le dittature non cadono per la letteratura ma per la fame. O forse cadono semplicemente perché il mondo le lascia cadere, e ciò non riguarda solo le dittature, ma anche la nostra Prima Repubblica pentapartitica.
Infine sulle analogie con Berlusconi: sì, è vero, noi italiani (alcuni di noi italiani) parliamo con troppa facilità di analogie fra il regime berlusconiano e le dittature "vere". Ciononostante, devo anche dire che le parole che ieri Berlusconi ha usato nei confronti del presidente della Repubblica e della Consulta io non le ho mai sentite prima. E mi inquietano un po'.

Ecco breve ritratto e motivazioni del nobel a Herta Muller.

Nata nel 1953 a Nitzkydorf nel Banato Svevo, regione di cultura e lingua tedesca passata dopo la seconda guerra sotto il controllo della Romania, ha studiato letteratura tedesca e romena a Timisoara, legata a un gruppo di scrittori e poeti romeno-tedeschi (l'Aktionssgruppe Banat di cui facevano parte Richard Wagner - con cui si e' sposata e trasferita in Germania nel 1987 - Nikolaus Bergwanger, Rolf Bossert, Franz Hodjak) che praticava la letteratura come opposizione culturale al regime di Ceausescu.

Pubblico' il suo primo libro, 'Niederungen', a Bucarest nel 1982 e gli altri dopo il suo arrivo in Germania, dove ha vinto nel 1994 il Premio Kleist, nel 2003 (a pari merito con altri due autori) il Joseph Breitbach e l'anno dopo il Konrad Adenauer. Nelle sue opere ha rappresentato, puntando molto sullo stile e la scrittura gli aspetti piu' crudi del suo ambiente (la miseria e l'arretratezza culturale della minoranza tedesca del Banato) e della situazione politico-sociale della Romania, con un riferimento particolare alla condizione delle donne.

In italiano esiste il romanzo ''Il paese delle prugne verdi'' edito da Keller (vedi in proposito anche il blog di Carlo Martinelli) e il suo racconto ''Una mosca attraversa un bosco dimezzato'' nell'antologia ''Fuoricampo'' di scritti di autrici austriache e tedesche, edito da Avagliano. (ANSA)

Ma queste sono quattro righe di maniera che hanno tutti i siti, oggi. Come scrive veramente Herta Muller? Com'è la sua Romania? Ecco un brano da "Il paese delle prugne verdi" (trad. Alessandra Henke, Keller edizioni).

Kurt veniva in città ogni settimana. Era ingegnere in un mattatoio. Si trovava al margine di un paese, non lontano dalla città. La città sorge troppo vicino per abitare in paese, disse Kurt. Gli autobus viaggiano in direzione opposta. Al mattino, quando devo trasferirmi in paese per lavoro, un autobus esce dal paese verso la città. Di pomeriggio, dopo il lavoro, un autobus si dirige dalla città verso il paese. Ciò ha una sua ragione, non vogliono che nel mattatoio lavorino persone che possono viaggiare in città. Vogliono gente del paese, che lo abbandoni raramente. Quando giungono i nuovi arrivati, diventano rapidamente complici. A loro occorrono pochi giorni per tacere come gli altri e bere sangue caldo. Kurt controllava dodici operai. Collocavano tubi di riscaldamento nell'area del mattatoio. Kurt era raffreddato da tre settimane. Ogni settimana dicevo: devi rimanere a letto. Gli operai sono intasati quanto me e non rimangono a letto, diceva lui. Quando manco non fanno niente e rubano tutto.
(...) Poi disse: i bambini della scuola di Georg non vogliono saperne nulla della fabbrica e del parquet dei loro genitori e dei fischietti dei loro nonni. Dalle assi ricavano pistole e armi. Vogliono diventare poliziotti e ufficiali.
Quando al mattino vado al mattatoio, i bambini in paese vanno a scuola, disse Kurt. Non hanno né un quaderno né un libro, solo un pezzo di gesso. Così disegnano pareti e recinti pieni di cuori. Sono solo cuori intrecciati l'uno all'altro. Cuori di manzo e di maiale, che altro. Questi bambini sono già complici. La sera, quando ricevono i baci, sentono che i loro padri bevono sangue e vogliono andare là.