Nuove sensazioni




Sta piovendo, la televisione aveva detto che dovevamo aspettarci un Capodanno con la neve. Le strade ormai sono quasi vuote. Sono le 9, tra poco le feste cominceranno e i camerieri nei ristoranti serviranno gli antipasti con i vini bianchi secchi.
Sto cercando una pizzeria aperta perché ho promesso a Noemi che avremmo mangiato la pizza ma qui sono tutte chiuse, sì, se c'è una pizzeria aperta la troverò solo in centro.

Rosso. Verde. Sto cercando una pizzeria aperta, e qui devono fare un sottopassaggio, perché non si sbrigano a farlo, sono due anni che ne parlano. Ho messo i guanti così le mani sono riparate ma l'aria in faccia fa male, per fortuna non piove tanto, solo un po', oltre l'incrocio la strada è nera, coraggio, l'aria in faccia mi sveglia. E come sempre guardo le persone, mi piace guardare le facce e immaginarmi le storie.

Una donna bionda, elegante, è scesa dal Cherokee parcheggiato in mezzo alla strada, aveva i capelli in disordine, l'espressione concentrata di chi deve risolvere un problema. Io lo so, lo so, devo cambiare la mia visione delle cose, devo abbandonare la mia solita visione negativa, con l’anno nuovo basta.
La donna entra in un bar, faccio appena in tempo a scorgerla nell'angolo dello specchietto, è entrata, più vicina ai quarant'anni che ai trenta, bella donna, indossa una pelliccia corta e le ginocchia sono scoperte. Quello è un bar di uomini, non sono abituati a vedere una cliente così. Lei va dritta al banco, compra sigarette, gira sui tacchi e esce, forse deve prendere anche lei un'importante decisione, forse l'attività che gestisce è sul punto di fallire, forse ha dei figli che le danno dei dispiaceri.
Io sto andando in città a cercare una pizzeria, sto andando col motorino e Noemi aspetta con mia madre in casa di mia madre, guardando la tv. E da una casa isolata nel tratto di campagna che separa il paese dalla città sparano un razzo luminoso, che attraversa la pioggia lasciando una scia.

È iniziata, non so quando. Una volta, dovevo avere non più di nove anni, mi ricordo che avevo accompagnato mia madre dal medico, la sala d'aspetto era piena di pazienti già in attesa che sfogliavano rotocalchi, così ho chiesto a mia madre se potevo uscire fuori sul giroscala, e lei disse: "Però non scendere in strada". Sono uscita ma non ho acceso la luce, mi sono seduta al buio e una meravigliosa sensazione di infelicità m'invase, per niente, era infelicità per niente. Cantavo a fior di labbra una melodia triste, la sigla di uno sceneggiato televisivo... All'improvviso si è aperta la porta di un appartamento, un uomo è uscito fuori, ha acceso la luce, e si è spaventato nel trovarmi lì così, seduta sul primo scalino. "Cosa fai al buio, bambina?". Ero imbarazzatissima, non sapevo cosa dire. Già allora capivo, vagamente, sì, ma lo capivo che è male, è peccato mortale sentirsi a quel modo per niente e coltivare una visione negativa delle cose, tutta la vita ho provato lo stesso disagio nei riguardi del mio umore.

Sto andando a comperare le pizze, ora ci sono due ragazzi, uno ne spinge un altro e tutti e due attraversano la strada lucida, si dirigono verso la sala giochi. Il gestore è uscito sulla porta come per riceverli, ma scuote il capo, starà dicendo che è tempo di chiudere, il ragazzo in carrozzella allarga le braccia, poi si tocca il polso "Sono le 9, dai, una partita sola...". Il gestore ammette che sì, di solito chiude alle 10, ma è la sera di Capodanno, non c'è più dentro nessuno, e ha promesso di portare la sua ragazza a ballare, deve correre a casa a cambiarsi. "Ragazzi, mi spiace, venite dopodomani, anzi, sapete cosa? Il tempo di chiudere e andiamo a farci un brindisi qui di fronte, offro io".
Prendo un vicolo che porta in centro, fuori sui poggioli ci sono alberi di Natale decorati con luci intermittenti, immagino le storie di quelli che abitano nelle case, come sempre, ho la mia visione viola, la mia visione strana, strappata, ho la mia visione negativa delle cose e ho paura che prima o poi Noemi se ne accorga. Devo cambiare prima che cominci a notarlo, devo modificare la mia solita visione, devo essere positiva, immaginare storie positive, pensare pensieri positivi, io lo so, devo educarmi a provare nuove sensazioni.

Quando ero piccola disegnavo alberi spogli, nature morte, pesci morti, ma presto ho cominciato a nascondere quei disegni, mia madre diceva che bisogna essere allegri, e anche l'insegnante di disegno. Mi sembrava evidente che, con il mio comportamento, ero destinata ad infastidire la maggior parte delle persone. Così mi sforzavo di tenere i miei pensieri per me. La mia vita interiore divenne ricca, popolata di fantasie.
Quando studiavo a volte, dopopranzo, andavo a passeggiare nel greto del fiume, ancora non l'avevano sistemato, era un bel greto sconvolto, pieno di massi, e le pozze d'acqua d'inverno ghiacciavano. Una volta dietro a un cespuglio sorpresi un uomo con sopra una donna, si spaventarono, mi guardarono con occhi di animali braccati, carichi d'ostilità. Il greto del fiume a febbraio è il mio paesaggio dell'anima.
Oh, se ho provato, a giustificarmi. Ho detto che la colpa era la malattia di mio padre, era quella che mi aveva segnato. Poi che la colpa era il mio lavoro. Poi che era il mondo, il mondo che funziona così male e non può lasciarci indifferenti. Nulla di ciò che dicevo era sufficiente. Mi facevano sentire come un'appestata, sempre, tutti. Ed era un sentimento molto diverso dalla mia consueta visione negativa delle cose, a cui ero abituata e che sapevo come gestire, ma quando gli spiegavo come mi facevano sentire con le loro critiche ribattevano: "Non siamo noi, sei tu, sei tu che ti senti così, è colpa ancora una volta della tua visione negativa!".

Eccola, meno male. Sono dura dal freddo, stavo cercando una pizzeria aperta, ho promesso la pizza a Noemi per l'ultimo dell'anno, poca gente in strada, botti che esplodono di già. Ah, ecco, fanno anche ristorante, dev'essere per questo che è così affollata. Devo rimanere in piedi ad aspettare, lo odio, ci sono tavolate di famiglie, in sala, e gruppi di ragazzi che potrebbero essere compagni di scuola. Telefono a mia madre, le spiego che arriverò tra mezz'ora. Mi passa Noemi, che mi ricorda i carciofini nella sua.
Dal prossimo anno le cose cambieranno. Devono cambiare, non voglio che Noemi pensi di me che sono una pazza. Vedrò le cose sotto una luce diversa. Proverò nuove sensazioni. Mi sforzerò di accettare gli inviti a cena, e di ridere quando ci andrò, come questi esseri qua dentro, ascolterò dischi allegri, discorsi frivoli, battute leggere, leggerò romanzi satirici, andrò a vedere delle commedie a teatro. Penserò positivamente, saluterò con un bel sorriso, parlerò con i miei colleghi e persino con il mio ex-marito, mi iscriverò a un corso di meditazione trascendentale, o di massaggio dell'anima, o almeno di yoga. Svilupperò le mie potenzialità nascoste. "Io sarò ok, gli altri saranno ok". Niente più pesi nello stomaco, addio alla pellicola che cala sulla mia testa e mi avvolge, in sere come questa, e mi fa sentire così...così...
"Ah, grazie. Sì, siete stati veloci. Ecco qua. Come? Ah, sì. Giusto. Anche a voi, buon anno".

Addio all'anno vecchio. Addio, cassiera della pizzeria con le borse sotto gli occhi. Addio mia vecchia visione delle cose. Addio melanconie. Addio saltuario stordimento alcolico serale, addio indecisioni della domenica mattina, addio amicizie deprimenti, passeggiare da sola, aria svagata. Addio attacchi di panico, pilloline, lettere non spedite. Addio a tutto questo. Nuove sensazioni, siete le benvenute.

Sto andando verso casa di mia madre dove mi aspetta Noemi e sono già quasi in periferia, dietro ho legato le pizze nelle loro scatole di cartone, quando arriverò saranno congelate, le strade sono bagnate, nei giardini alberi di Natale lampeggiano ai rari automobilisti, sto guidando piano e nel passare raccolgo le immagini, come sempre, una donna che si sta depilando nel bagno con un rasoio, un neonato che strilla in una culla e i suoi genitori non sanno come calmarlo, un cacciatore che si prepara ad andare a letto perché domani deve alzarsi presto per andare a tirare alle anatre, due ragazzi già ubriachi prima ancora che la festa inizi, barcollano e cadono, cadono, come devo essere caduta anch'io, tante di quelle volte, e non era così terribile, ah, non è così terribile questa pellicola viola che mi riveste, (ma io cambierò e proverò nuove sensazioni), non è così pesante questo peso, (ma io cambierò e proverò nuove sensazioni), non è così terribile questo nodo alla gola, (ma io cambierò, oh, Signore, giuro che almeno ci proverò), non è così pesante, non è così pesante così pesante questa perenne sensazione di peggioramento, io proverò, non proverò, io proverò, proverò, oh, certo che no, certo che no, no, non proverò a cambiare la mia visione negativa delle cose, non proverò ad essere "di buon umore", a svegliarmi canticchiando, a vivere danzando, non proverò a "spassarmela", non proverò nemmeno a coltivare un cauto ottimismo, navigherò con la depressione, con l'accidia e lo spleen e gli altri infiniti turbamenti, e poi la sera alla fine di ogni giornata mi abbraccerò da sola davanti allo specchio, mi abbraccerò da sola e, com'è vero Dio resterò fedele alla mia stronza visione negativa di tutte le stronze cose!


(pubblicato sulla rivista In-edito. Buon Natale e Buon anno, folks!)