Un esercizio di stile


Si rese conto all'improvviso di quanto gli assomigliasse. Aveva sempre pensato di no, aveva sempre pensato di essere diverso da lui, come il giorno dalla notte.
Ad esempio, quanto fosse refrattario alle grandi brigate, all'intruppamento, alle gerarchie. E ad occupare un posto in quelle gerarchie. Doveva essere un fattore ereditario. Doveva aver ereditato la tendenza ad essere un outsider, a trovare difetti anche nelle persone che gli erano più vicine, allo scontrarsi con loro senza motivo. Un meccanismo di difesa, per sfuggire ad abbracci che la sua pelle avrebbe letto come mortali, per gettare dalle mani persino quel po' di potere che gli altri, consensualmente, gli avrebbero conferito.
Una natura schiva e solitaria, in definitiva, mascherata da chiacchiere e allegria. Ma anche, doveva ammetterlo, la capacità di tenere su un discorso, il bisogno "fisico" di non mettere le persone in imbarazzo, quella forma estremamente sottile di gentilezza, di premura, che spesso per sua sfortuna coincideva con una perdita di carisma.
E poi la sua acuta sensibilità riguardo ai complimenti, alla considerazione altrui. La necessità di essere apprezzato, poi forse anche amato ma per prima cosa apprezzato e ammirato, perché queste cose non presuppongono un ruolo attivo, si può essere apprezzati e ammirati in quanto oggetti, dopotutto, si può essere ammirati e apprezzati da lontano.
Anche questo l'aveva ereditato da lui, come aveva fatto a non accorgersene prima? Doveva essere stato cieco.
E gli scatti d'ira, e i giochi di parole, e il bisogno di trovare conferme nelle donne unito all'indecisione di fondo, la tendenza a tergiversare, a preferire il momento che precede, lo stare sulla soglia, i preliminari all'atto, in definitiva la fantasia alla realtà. Sì, per tutte queste cose erano simili, ed erano simili per molte altre ancora, quasi uguali, anche se i dettagli differivano, ovviamente, il tono della voce o i vestiti o la musica o i regali o le preferenze alimentari...
Posò la fotografia sul ripiano di vetro. Suonarono alla porta.

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi piace, l'esercizio di stile!