Life along the borderline - il tributo di John Cale a Nico


E' un teatro, quello comunale di Ferrara, a ospitare la data italiana di "Life along the borderline - a Tribute to Nico", non una tourné, meno che mai lo show di una tribute band, piuttosto una reunion di amici, che si ritrovano assieme occasionalmente, sotto l'attenta regia di John Cale, per portare un doveroso omaggio a Nico, (al secolo Christa Päffgen), cantante, attrice e superstar di Andy Warhol, voce dei Velvet Undeground nel loro primo album, uno dei lavori più seminali della storia del rock.
Stucchi e velluti, dunque, nel cuore della pianura, per accogliere degnamente una serata d'eccezione, andata presto sold out, che ha visto riunite personalità d'eccezione quali, oltre ovviamente a Cale, co-fondatore dei Velvet Underground e produttore di alcuni lavori di Nico fra cui il gelido, abissale "The marble index" del 1968, Peter Murphy, frontman dei Bauhaus, Mark Lanegan (Screming Trees, Queens of the Stone Age, The Gutter Twins) Lisa Gerrard (Dead Can Dance), Mark Linkous (Sparklehorse), i Mercury Rev, la giovanissima cantante austriaca Soap&Skin, ed ancora, il Quartetto d'Archi dell'orchestra di Ferrara (Gianluigi Cavallari, Cristina Alberti, Florinda Ravagnani, Valentina Migliozzi) e i coristi della Scuola di Musica moderna sempre di Ferrara (Stefania Chiari, Eleonora Mota, Viviana Corrieri, Rossella Graziani).

Quando si spengono le luci credo nessuno sappia bene cosa aspettarsi, né i giovani rocker, attirati dalla leggenda di Nico (scomparsa, lo ricordiamo, a Ibiza nel 1988, al termine di un'esistenza travagliata), né i vecchi punk, alcuni con bambini al seguito, che erano ragazzini quando la cantante già navigava lontano dai riflettori del music business, nel mare oscuro della tossicodipendenza, nel cuore delle algide, desolate visioni che materializzava con la sua voce inconfondibilmente teutonica e il suo harmonium. Molta della produzione di Nico, in effetti, è difficilmente classificabile come "rock": più vicina semmai al mondo gotico del Nibelungenlied e alla musica contemporanea, marchiata a fuoco dallo stigma della disperazione. In più, quando lo show è andato in scena, qui e là in Inghilterra, soprattutto, non sono mancate le critiche, da quanti hanno trovato sul palco troppe percussioni e troppo alt.rock e troppo poca Nico (ma avrebbe senso oggi ripercorrere pedissequamente le lande spazzate dal vento di Desertshore, avrebbe senso intonare nello stesso modo di allora Deutschland uber alles? Avrebbe senso ripercorrere i fasti della Factory sulle note di I'll be your mirror o Femmes fatale?).
Comunque sia, quando John Cale - l'allievo di La Monte Young, che venne dirottato da Lou Reed sulle strade del rock al suo arrivo a New York dal natio Galles (e il resto è leggenda) - quando Cale, dicevamo, intona al pianoforte il primo brano della serata, Frozen Warning, è già chiaro che assisteremo ad un evento indimenticabile. L'uomo è in forma smagliante, il gruppo che lo accompagna - e che fornirà il supporto sonoro anche agli altri cantanti - gira alla perfezione: alle percussioni Michael Jerome Moore e al basso e tastiere Joseph Karnes, alla chitarra c'è Dustin Boyer, a cesellare ogni brano con una perizia mai dissociata dalla misura ("non siamo qui per ascoltare assoli", avrebbe chiosato Dylan).
Entra in scena Murphy, carismatico, istrionico, gran mattatore, fa piovere petali di rosa sugli altri musicisti, gli ultimi se l'infila in bocca, reclina la testa e li soffia fuori: Mutterlei è uno dei momenti più alti del concerto. Soap e Skin (sapone e pelle) sbuca da dietro le quinte e si siede al pianoforte: piccola, pallida Nico reincarcata, la sua My heart is empty è forse la cosa più vicina al "vero" sound di Nico che sentiremo in questa serata. Suonato l'ultimo accordo fugge via senza nemmeno aspettare l'applauso, sostituita da Mark Linkous che, con l'accompagnamento del coro, esegue una trascinante You forgot to answer, torturandosi le mani. Lisa Gerrard è in abito lungo, gigioneggia come una diva dell'Opera a bordo palco mentre esegue Falconer; Mark Lanegan è timido, dinoccolato, canta ad occhi chiusi una dolorosa Roses in the snow. Vengono poi i Mercury rev che eseguono assieme a Cale (e con l'aiuto di una sega) My only child, e poi ancora Peter Murphy con Janitor of lunacy, che chiude la prima parte dello spettacolo.

Fosse finita qui, saremmo già gratificati. Ma c'è la seconda parte, in cui ascoltiamo Tananore (Soap e skin), Abschied (Murphy), Afraid (OLinkous), No one is there (Gerrard), Sixty Forty (Cale), Win a few (Lanegan), Evening of Light (Mercury Rev) e Facing the Wind (Cale).
Infine, tutti sul palco ad intonare All that is my own, che vorremmo non finisse mai.

Your winding winds stood so
All that is my own
Where land and water meet
Where on my soul I sit upon my bed
Your ways have led me to bleed

Perché questa non è una festa, non può esserlo, il fantasma di Nico non lo consentirebbe, ma non è nemmeno una celebrazione, come forse qualcuno temeva, né un requiem tardivo, né un dolciastro remembering. Le canzoni, anche quelle più severe, più distanti, più gelidamente "altre", acquistano nel tributo di John Cale e soci nuovo calore, rivelandosi splendide, tormentate composizioni pop senza tempo, da suonare in all tomorrow's parties, per sempre, e sempre e sempre. La neve si tinge di rosso, il dolore si scioglie nell'abbraccio del pubblico, nella gioia, persino, che trapela dallo sguardo di John Cale, degli ex-Velvet quello che le fu più vicino, senza alcun dubbio; la modella nata fra le macerie della Germania post-bellica, l'attrice che recitò ne "La dolce di vita" di Fellini,la musa e compagna di Alain Delon, Bob Dylan, Lou Reed, Jim Morrison e quant'altri, la madre innocente e crudele di Ari (presunto figlio di Delon, da lui mai riconosciuto), la disperata chanteuse che trasformò persino la The end dei Doors in una specie di Lieder dark trova finalmente la sua giusta collocazione nell'empireo del rock.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

...ne deduco che il concerto di ieri ti è piaciuto!

;)

Conte Nebbia ha detto...

Serata indimenticabile, davvero: già l'avevo notato "live" ma rivedendo il video ne ho avuto mconferma: Peter Murphy "sveglia" con un gesto quel mito di Lisa Gerrard che si era dimenticata di entrare al suo momento nella canzone?: nota l'espressione di stupore, con tanto di mano sulla bocca, dell'adorabile Lisa...

CornflakesBoy ha detto...

Dal mio blog di oggi:

Concerto o seduta spiritica?
Questa è la domanda dopo aver visto “A life along the bordeline” lo spettacolo/tributo a NICO domenica sera al teatro comunale di Ferrara.
Abbiamo assistito ad un concerto vero, suonato e cantato con trasporto da chi NICO l’ha veramente conosciuta o, come la giovanissima Soap&Skin, la deve avere visceralmente amata a posteriori. Insomma più che un cast -spesso assemblato da dinamiche promozionali da case discografiche- qui si trattava di una serata amicale per rimpiangere i bei tempi e amici andati. Per sempre.
Una grande messa cantata, come quella di Pasqua dove, per i credenti, si celebra Gesù che è morto per i nostri peccati. E a guardarsi intorno l’altra sera, con anche tanti 45enni ex punk accompagnati da figli adolescenti, ci si sentiva un po’ così: a rendere omaggio a chi ha incarnato (fino alle estreme conseguenze) il nostro malessere terreno, la nostra difficoltà di essere vivi. Che in qualche modo ci ha salvati, sacrificandosi per noi.
E non c’è spazio per la “maschera” Nico, per il mito, per il suo essere ormai icona. Nessuna immagine a ricordarcela, nessuna presentazione biografica, nessun ammiccamento al gossip sulla Nico tossicomane che dimentica le parole delle sue canzoni, la Nico su cui tutti hanno avevano sempre da raccontare qualche storia sordita. Niente maschera, ma solo la sua anima musicale. E volutamente si escludono i pezzi più famosi (“Chelsea Girl”, “These days” o i pezzi con i Velvet Underground), che probabilmente incarnano proprio la maschera Nico, come i media ce la ripropongono ancora oggi.
Ma si preferisce l’anima dei suoi pezzi più oscuri e intimi. E l’anima rimane ed è viva. Talmente viva da evolversi ancora. Con arrangiamenti nuovi, che gli inglesi avevano molto criticato nella prima data di questo spettacolo. E invece io ho apprezzato molto, l’attualizzazione della proposta musicale di NICO.

Non farò una recensione pezzo per pezzo, ma alcune cose resteranno nella mia memoria per sempre.
1. “Afraid” (da “Desert shore”, 1970) cantata da Mark Linkous, il front-man degli Sparkehorse. Pensavo che dopo la cover di Antony & the Johnson non si potesse fare di meglio. Ma questo Charlie Chaplin tristissimo e desolato ci ha regalato una versione dolente, intima e celestiale accompagnato dal quartetto d’archi dell’Orchestra del Teatro di Ferrara.
2. “My hear is empty” (da”Camera obscura”, 1985) l’unico pezzo senza band, cantato e suonato da sola al piano dalla rivelazione dell’anno: la 19enne Soap&Skin. Lei manco era nata quando uscì questo disco. Non avrebbe avuto senso eseguirla con “gli altri”, perché è evidente che la ragazza ha vissuto questo disco fuori tempo massimo, nell’intimità della sua cameretta, quando “gli altri” della sua età ascoltavano Madonna. Una piccola Nico disadattata. Intimorita nel essere ammessa su quel palco. Basta pensare a come fugge via all’ultima nota prima che parta il suo meritatissimo applauso. Oppure nella canzone finale, eseguita da tutti, dove viene trattenuta a forza da Peter Murphy che le impedisce di scappare nell’angolo più buio del palco (vedi al minuto 2:26 del video allegato), cosa che del resto fa appena riesce. E cosa fa? Guarda tutti questi grandi artisti e applaude con le manine, come fosse una del pubblico, come se quel palco non potesse mai essere suo. Santa subito!
3. “Mutterlain” (da “Desert shore”, 1970) cantata da Peter Murphy, il cantante dei Bauhouse. Un mito che rende omaggio ad un mito. E’ come se celebrasse il suo matrimonio con la sua sposa cadavere. Entra sul palco in completo nero e lancia petali di rosa con un intensità dark che ti fa gelare il sangue nelle vene. Gli ultime se li caccia in bocca, quasi a volersi soffocare e raggiungere la sua amata. Poi li soffia via e i petali volano trasportati dall’anima di Nico risvegliata da questa seduta spiritica.
4. “The Falconer” (da “Desert shore”, 1970) cantata da Lisa Gerrard. A giudicare dall’applausometro è lei la star più attesa della serata. Entra in scena con un sorriso da promoter dell’Avon, con il solito vestito da notte degli oscar edizione 1958 già sfoggiato a Milano e Roma gli anni passati, e un acconciatura medioevale, una via di mezzo tra Barbara Alberti e Rita Levi Montalcini. Ma basta che esca la prima nota dalla sua bocca (dopo gli innumerevoli tentativi di postura), per farci capire che siamo veramente al cospetto di un angelo.
5. “Win a few” (da “Camera obscura”, 1985) cantata da Mark Lenegan. Mark Lenegan per fisico, postura, voce, attitudine musicale a mio avviso incarna il “maschile”, anche più di Bruce Springsteen. Ed è commovente come un uomo del genere venga a patti con un pezzo, con un estetica, con un universo così smaccatamente “femminile” come quello di Nico e della sua stessa vita. E’ come se tutti gli uomini che le hanno fatto del male (per la loro stessa natura “maschile”) le chiedessero “scusa”, con il vocione di Mark e i suoi occhi taglienti.
Non ho gradito molto l’esibizione dei Mercury Rev e di Carmen Consoli…. Visto che non si è presentata nonostante fosse menzionata tra il cast nella locandina.

Voto: 5 stelline (su cinque).

Anonimo ha detto...

Una serata sganciata dal tempo e dallo spazio. Mi ha fatto ricordare il dolore ma anche il piacere di esistere... Ho esagerato ? Credo di no !

amatamari© ha detto...

Bello, peccato per me non esserci.

Anonimo ha detto...

una serata indimenticabile, con un grandioso e più che mai istrionico Peter Murphy ed una Lisa Gerrard semplicemente celestiale.
e poi Mark Lanegan da brividi....bravi e simpatici i Mercury Rev.....Mark Linkous da applausi...che dire di più....un'occasione unica e credo irripetibile....

Anonimo ha detto...

bellissima recensone, spezzo una lancia a favore dei mercury rev, che io adoro e che nella seconda parte della serata sono stati straordinari.
ciao,
stefania

mercurio ha detto...

ottima recensione. io l'ho visto qui a londra a ottobre il concerto e mancavano i mercury rev. al posto loro hanno suonato fiery furnaces e, purtroppo, manic street preachers.... quindi probabilmente il concerto in italia e' stato migliore...
comunque complimenti all'uovo fritto per la recensione. ce ne vorrebbe di gente che scrive che non se la tira in italia.