Mozambico, Ualalapi



Mozambico, tramonto dietro all'acacia, il cantiere del nuovo ponte sul fiume Zambesi, a Caia. Quasi un anno fa. Quel viaggiare per lavoro, attraversando le cose come vento, quel bruciare in poche ore migliaia di chilometri, febbrilmente, il contrario della lentezza.
Alexander Langer predicava: bisogna essere più lenti, più dolci, più profondi. Probabilmente neanche lui ci riusciva, con tutti i suoi impegni, nessun politico può permetterselo.
Lo Zambesi al tramonto, luce radente su cemento armato e acquitrini, scorrere lento di acqua e tempo, il battito della palpebra di un coccodrillo. Dormito nel villaggio del cantiere, chiuso, recintato, guardie ai cancelli, falene grandi come pipistrelli nei cerchi di luce, assaggiato per una notte quel tipo di esistenza, c'era un tizio che avevo conosciuto che da piccolo aveva vissuto così, aveva trascorso un paio d'anni in Nigeria, al seguito del padre. Com'è la Nigeria? gli avevo chiesto. Aveva risposto: cantiere.

Stasera Fiorella Mannoia nel suo concerto si collegherà con Caia, un altro ponte, invisibile, teso fra l'Italia e quella scheggia di Africa rurale, non è così strano, dopotutto, non più strano degli sms e delle mail che mi sono abituato a scagliare da un punto all'altro del mondo, a volte per niente, solo per dire: "Sono qua."
La Mannoia nella sua intervista diceva le solite cose sull'Occidente e l'Africa, sui nostri aiuti interessati, sul neocolonialismo. Diceva che in Mozambico è stato commesso "il più grande Olocausto", chissà cosa intendeva dire. Sull'Africa tutti si sentono autorizzati a dire la loro, in buona o cattiva fede, usando termini come "Olocausto" che non appartengono alle culture africane, bantu o swahili, in questo caso...

In realtà fu - anche - un paese di grandi guerrieri, come Ngungunhane, il "leone di Gaza", che i portoghesi fecero morire in esilio, alle Azzorre, le cui gesta sono raccontate in un libro sconosciuto e densissimo, come l'incubo da cui mi sono svegliato piangendo, stamattina, l'incubo di mio padre morto, l'incubo di me, di noi che lo seppellivamo, che nascondevamo il suo corpo, sottoterra, in un deserto, che era poi il suo letto, il suo letto matrimoniale, colpevolezza, senso di colpa irrisolto...

Il libro è Ualalapi, di Ungulani Ba Ka Khosa, Aiep editore, 2004 (collana curata da Eleonora Forlani, il romanzo è tradotto dal portoghese da Vincenzo Barca).

- Qual è il significato del sogno?
- Il leone ruggisce nella foresta, Maguigane.
- E le donne, Mabuiau, le donne?

Lo stesso dialogo, le parole di sempre. I gesti di tutti i giorni.
Maguigane si sveglia di soprassalto. Volge ripetutamente lo sguardo intorno. Non vede serpenti. Vede filamenti di luce cadere al suolo. Si solleva sui gomiti. Vede il suo corpo fatto a brandelli dalla luce.

Nessun commento: