IL NIENTE CHE CI MANCA (Gianni Celati)


In aereo venendo da Dakar ci hanno fatto vedere un documentario turistico sul Senegal. Si vedevano i mercati variopinti, le solite venditrici, i soliti carretti tirati da asini, i soliti villaggi nella savana, i cormorani, i pellicani. Era il documentario dei posti dove siamo stati noi. Jean, semiserio, ha detto: "Siamo stati dentro a un documentario turistico..."
Sì, però, sbarcati in Europa, anche qui è come essere in un documentario perpetuo, dove vedi tutto pulito, ordinato, levigato, glossy, flashing, rifatto a nuovo, neanche uno scarto troppo vistoso, una macchina troppo squinternata, una persona veramente sdentata, un vestito davvero fuori moda, un negozio che sia rimasto come cinque anni fa, una vetrina con libri che non siano novità assolute. Andiamo in giro per Parigi e vediamo solo quest'altro documentario del nuovo totale, senza più niente di precario, di povero, di decaduto, rimediato, tarlato dal vento, scartato dal destino.
E' il documentario della simulazione globale, senza luogo, senza scampo, che ci mostrano a titolo pubblicitario notte e giorno, dietro lo schermo di vetro che abbiamo in dotazione per vivere da queste parti. ma poi si sa che quando uno è lasciato dietro un vetro, tende a sentire che gli manca qualcosa, anche se ha tutto e non gli manca niente, e questa mancanza di niente forse conta qualcosa, perché uno potrebbe anche accorgersi di non avere bisogno davvero di niente, tranne del niente che gli manca davvero, del niente che non si può comprare, del niente che non corrisponde a niente, il niente del cielo e dell'universo, o il niente che hanno gli altri che non hanno niente.

Gianni Celati, Avventure in Africa (2000)

foto: casa in Kenya (Marco Pontoni)

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