Ieri sera conferenza a Trento di Gianantonio Stella, che nei giorni scorsi aveva criticato dalle colonne del suo giornale il Trentino (e l'Alto Adige) per gli sprechi dell'Autonomia e in particolare gli stipendi troppo alti pagati ai politici locali. Va detto che in verità il suo articolo era la ripresa di un pezzo pubblicato sulla Sudtiroler Tageszeitung, testata diretta da Arnold Tribus, che metteva a confronto lo stipendio, poniamo, di Durnwalder, con quelli di Obama o di Ban Ki Moon.
Io rispetto molto Tribus; penso che il mio esordio da giornalista sia avvenuto in qualche modo proprio con lui: avevo 14 anni, e sono andato a "intervistarlo" (grossa parola) perché bisognava sentire qualcuno informato sui fatti riguardo alla famosa dichiarazione di appartenenza etnica/linguistica, che all'epoca (1980 se non sbaglio) muoveva i suoi primi passi (l'Interscolastico, che raccoglieva gli studenti di sinistra di Bolzano, era critico nei confronti di questa "schedatura etnica", come la chiamavamo, poi divenuta un cardine dell'Autonomia sudtirolese).
Detto questo, e senza voler mettere in dubbio le cifre riferite da Tribus e riprese da Stella, l'incontro di ieri sera mi è parso debole. Il tema era caldo, caldissimo.
La casta. La casta e l'Autonomia.
Forse è inevitabile che quando vedi un giornalista famoso misurarsi con temi che conosci bene, ne rimani deluso. Ti sembra sia vago, impreciso, che condisca le sue lacune con la bonarietà e il fare istrionico del cronista consumato...
Stella sul Trentino non ha detto nulla di particolare. Le sue critiche principali hanno riguardato le circoscrizioni (fermo restando che, forse, non dovrebbero prevedere compensi per chi vi partecipa, non sono un elemento della cosiddetta "democrazia partecipata"? E non è proprio la carenza di democrazia "dal basso" ad essere stata indicata, negli anni scorsi, come una delle principali lacune degli attuali assetti democratici? Possibile che la crisi economica abbia spazzato via quel dibattito?)
Stella poi ha detto che, sì, l'Autonomia non è in discussione, ma il contesto intorno ad essa è cambiato (oggi c'è la crisi) e bisogna tenerne conto: e da qui in poi ha elencato tutta una serie di ben noti problemi e di ben note mancanze della politica nazionale, in particolare i tagli a scuola, sanità, persino cooperazione allo sviluppo (un elemento importante per sostenere la nostra politica estera, ha precisato, non solo un atto moralmente dovuto per riequilibrare le disparità fra paesi ricchi e paesi poveri). Bene, se ciò è vero - e lo sappiamo, che è vero - il discorso di Stella sarebbe dovuto suonare per ciò che era, il miglior spot per l'Autonomia. Un'Autonomia che destina mediamente molte più risorse proprio a queste voci. Singolare semmai è il fatto che poi, spesso, essa venga rimproverata, anche dai giornali, proprio per questo: ad esempio qualche giorno fa, perché la spesa media pro capite in Trentino per la scuola è, poniamo, 1500 contro una media nazionale di 900 (cifre indicative, giusto per capirsi). Venendo alla cooperazione allo sviluppo, settore che conosco bene, il Trentino è l'unica regione in Italia che destina una percentuale fissa del proprio bilancio a questa voce: mica uno sproposito, intendiamoci, lo 0,25%. Ma già questo è molto più di ciò che fanno mediamente le altre regioni e persino gli stati e in ogni caso costituisce una certezza sul fronte degli stanziamenti (se cresce il bilancio provinciale, crescono anche i soldi per gli aiuti ai paesi poveri, e viceversa, com'è giusto).
Semmai, è anche qui, di nuovo singolare che spesso certe forze politiche o anche alcuni cittadini "comuni" critichino questa disposizione con slogan del tipo:"I soldi trentini ai trentini!" (come se qui si coprisse il Terzo mondo di soldi e i residenti fossero affamati).
Per non dire delle protezioni sociali, altro settore individuato da Stella: ebbene, la delega sugli ammortizzatori sociali è proprio una di quelle che il Trentino ha ottenuto con l'Accordo di Milano, impegnandosi fra l'altro a studiare percorsi e soluzioni che possano essere valide, un domani, anche per il resto del Paese. E il Trentino è, di nuovo, l'unica provincia che oggi ha il reddito minimo di garanzia, cosa che la rende più simile a certo Nord Europa che al resto d'Italia. Perché ci sono i soldi? Bene, ok. Allora discutiamo di questo, però, dei soldi, della ricchezza che si produce qui (sono soldi che derivano dal prelievo fiscale realizzato localmente, non trasferimenti dallo Stato). Discutiamo di questo e poi di sprechi (sprechi a cui certo i trentini o gli altoatesini non sono immuni, come nessuno, visto che l'uomo è una bestia egoista, lo sapeva pure Hobbes).
Allora: ovviamente l'Autonomia è criticabile, per molte ragioni. Se questo era il senso della provocazione di Stella - e qui non voglio imbarcarmi in dietrologie perché non le amo - allora ci sta. Da altoatesino, ne ho già citata una prima: la politica di separazione etnica attuata per tanti, troppi anni in Alto Adige.
E altrettanto ovviamente possono esserci delle "diseconomie". Insomma, soldi che potrebbero essere impiegati meglio o risparmi che potrebbero essere realizzati da subito (circoscrizioni, comuni, Provincia ecc.). Tutto è sindacabile. Ma Stella non mi pare abbia detto alcunché di circostanziato, limitandosi a dire che non ci sono tabù, che tutto può e deve essere messo in discussione. Ci mancherebbe! Qualcuno se lo ricorda,
Norbert Kaser, il poeta tirolese? Fu lui a dire che non c'erano "vacche sacre". Ma Kaser pagò un prezzo ben pesante per certe affermazioni, ai tempi suoi in odor di "scomunica".
A me pare che a conti fatti le cose più interessanti ieri sera le abbia dette un professore, Cerea (eh, sti' professori!). Dati alla mano, la spesa corrente, in Trentino, cioè la spesa per il funzionamento della "macchina amministrativa", non è significativamente superiore a quella delle altre regioni italiane (a fronte di competenze enormemente maggiori). Che cosa allora è superiore? La spesa in conto capitale, la spesa, cioè, per investimenti. Su questa, ha aggiunto Cerea, si può ragionare. E perché no? Qualcuno potrebbe dire che investire così tanto in ricerca è uno spreco, qualcun altro potrebbe trovare Metroland un azzardo, qualcun altro ancora obiettare che in Trentino si costruisce troppo (Cerea, appunto). Ovviamente, ognuno ha le sue opinioni in proposito.
Ma è un fatto che solitamente ridurre le spese correnti e crescere quelle per investimenti viene considerato un comportamento virtuoso, da parte di un'amministrazione, perché gli investimenti sono cose che restano, cose che lasciamo ai nostri figli (e che non bruciano ricchezza).
Non dovrei dire io queste cose, non dovrei dirle a voce alta, visto che lavoro per l'amministrazione. Ma da cittadino - da cittadino di origini non trentine e che non prova un attaccamento viscerale, atavico, per l'Autonomia, se non altro perchè i miei genitori non hanno contribuito a costruirla, essendo nati rispettivamente in Friuli e Veneto - lo sento un po' come come un "dovere intellettuale".
Personalmente sono favorevole alla decrescita felice, qualsiasi cosa voglia dire (vivere con meno? dare tregua all'ambiente, e prima ancora all'uomo?), e sarei favorevole anche a politiche che vadano in questa direzione, ma temo che chiedere ad un amministratore di imboccare una strada del genere sia umanamente troppo. La spinta deve arrivare dal basso, semmai. Certo, fin che siamo tutti impegnati a cambiare computer e telefoni una volta all'anno se non ogni 6 mesi, fin che siamo tutti intruppati nella corsa dei topi, dubito che si potrà costruire una società diversa, basata su lentezza, profondità, dolcezza, amore.
Questi però sono discorsi "altri", che esulano dai ragionamenti di Stella e dal suo "sano" pragmatismo nordestino, così lontano dall'utopismo langeriano (che dovrebbe appartenere anche a Tribus, il quale di Langer è stato braccio destro). Se il mondo marcia verso l'orizzonte magnifico e progressivo dello sviluppo ad oltranza, la vera ideologia globale, cerchiamo di governarlo e di non lasciarlo in mano a chi non ha coscienza, visione, senso del limite, insomma, a chi non ha le qualità morali e intellettuali per pilotarlo. Giustamente Stella parlava di adeguatezza delle classi dirigenti; ma su questo punto in particolare neanche lui mi pare abbia molto da dire, sulle terre dell'Autonomia.
Mi si conceda un'ultimo appunto sugli stipendi: è stato interessante sentire ieri in un intervento dal pubblico che, sì, negli Usa forse gli stipendi di un senatore o persino di un presidente sono molto più bassi che da noi (a fronte, ovviamente, di responsabilità assai maggiori, e qui Stella sfonda una porta aperta quando dice che Obama deve occuparsi dell'Iran e Durnwalder della valle Aurina); ma che lì la politica è considerata un investimento per la carriera. Quando scade il suo mandato, il politico viene cooptato in qualche cda e inizia a guadagnare milioni di dollari. Si dirà: beh, è perché quelli sono politici di razza, mica come i nostri. Davvero è così? Quel Santorum, (di origini trentine, fra l'altro) è davvero un genio della politica? Si dirà inoltre: tanto quelli sono soldi dei privati, se una compagnia petrolifera decide di ingaggiare un ex-presidente o un ex- ministro degli esteri sono affari suoi. Di nuovo, lo pensiamo davvero? Non abbiamo mai avuto sentore degli intrecci spaventosi fra interessi pubblici e privati dell'era Bush (ma non credo che se prendiamo a metro di misura altre amministrazioni, anche democratiche, il risultato sia diverso)? Siamo proprio convinti che esista una netta differenza fra politiche pubbliche e fortune private? Che le seconde non debbano molto, moltissimo, alle prime? Dopo Berlusconi?