Uno scrittore: Louis Férdinand Céline
Non conosco il francese, non so le lingue, sono ignorante.
Ho letto il Viaggio al termine della notte per la prima volta circa 20 anni fa, Morte a credito invece nel 1994, me lo ricordo bene, lo leggevo in treno, quando facevo il pendolare.
Come si fa a non amare Céline? Certo, colpevole, certo, antisemita, certo, collaborazionista, razzista, il male.
Mai come con lui il giudizio "umano" diverge da quello artistico: un genio assoluto, certo. Un anarchico vero, certo, fino in fondo, anche se compromesso, sì...
Il buco nero, la negazione della speranza, l'umanità ridotta al suo minimo, campare, sfangarla, lo sgobbo, gli sfessati, dare la colpa a qualcuno dei propri guai, lamentarsi all'infinito, e la Storia? Un cimitero pieno di pietre di tortura...
Ma come non amare Celine? Il suo umorismo sulfureo, la sua spietata visione delle cose, la più acida descrizione del colonialismo l'ho letta nel Voyage, e non erano parole di condanna...
Come non amare Celine? Come non amare l'inizio del Voyage, quella lunga tirata del protagonista contro la guerra, la patria e le divise, e subito dopo il suo subitaneo autoarruolamento, così, per niente, del tutto folle e irrazionale, come sono gli uomini, come è la vita? Come non amare la sua tirchieria patologica? La sua dedizione alla professione di medico? La sua dedizione alla lingua?
Come non amare la dedica iniziale al Voyage?
"Viaggiare è utile, fa lavorare la fantasia. Tutto il resto è soltanto delusione e fatica. Questo nostro viaggio è interamente immaginario. Ecco la sua forza.
Va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, tutto è inventato. E' un romanzo, dunque, null'altro che una storia fittizia. Lo dice Littré che non sbaglia mai. E poi, tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi.
E' dall'altro lato della vita."
Che voce strana, mi sarei aspettato qualcosa di profondo, solenne. No, era un vecchio rugante petulante. Irriducibile. Fino in fondo alla notte.
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