La Peste. Lo Tsunami.
Il terremoto in Cile di Kleist. Il terremoto di Lisbona, ricordato da Voltaire nel "Candido". Le infinite, improvvise tragedie che schiantano l'umanità. Così diverse dai mali di cui soffriamo volontariamente. Così diverse dalle sofferenze universali, il male d'amore in cima alla lista.
Le tragedie di cui si soffriva un tempo, che capitavano sulla testa delle persone come sciami di cavallette. Una guerra dichiarata dalla sera alla mattina, l'invasione di un esercito straniero. Le epidemie, la Spagnola. La Peste di Camus. Fulmini a ciel sereno, che spezzavano il filo delle esistenze, che strappavano i figli dalle madri, che separavano gli amanti.
Non riusciamo a figurarcele, adesso. Facciamo appena fatica a figurarci una connettività ridotta del 50%, un paese tecnologicamente avanzato che all'improvviso non ha accesso a internet. Non siamo abituati alle sciagure che non si fanno preannunciare quantomeno da un talk show. Non siamo abituati a soffrire se non per una nostra iniziativa.
Un po' di fastidio per chi ne approfitta per imbastire campagne contro il nucleare. Non è il momento. Lasciamo che prima i vivi seppelliscano i morti, e li piangano come meritano. I "l'avevo detto, io...", lasciano il tempo che trovano. Io non sono a favore del nucleare, so cosa ho votato al famoso referendum, ma onestamente, il nucleare ce l'ha mezzo mondo. Fra i paesi industrializzati, siamo noi l'anomalia. E non so se dipendere da Gheddafi mi piace tanto di più.
(Sento ora che la Merkel in Germania ha deciso lo stop alle centrali nucleari e quindi forse mi sto sbagliando. Vero è che la Germania da tempo stava ragionando sulla fuoriuscita dal nucleare. Tutto ciò che posso pensare è che di fronte ad un cataclisma del genere qualsiasi società umana e qualsiasi tecnologia vacillerebbero. Se questo sisma fosse avvenuto qui dove vivo io probabilmente non sarebbe rimasta in piedi una sola diga).
Ho visto le distruzioni dello Tsunami sulle coste dello Sri Lanka. Case schiantate, fantasmi che vagavano fra le macerie, che mescolavano i loro fiati a quello dell'oceano, la notte, mentre mi rigiravo sotto la zanzariera, inquieto. La potenza del mare, che entra nelle città.
Il Giappone è una cultura lontana che ci ha sempre affascinato. Lo Zen, le arti marziali, i Manga, la tecnologia, il non perdere la faccia, mai. Luoghi comuni, forse. Come quelli sull'Italia elencati dall'Indipendent, Claudia Cardinale, il gelato, Fellini, Dante, il dolce far niente. E tuttavia, un Oriente riconoscibile, nella sua alterità. Un Oriente che ci ha dato tanto. L'individualista che è in me non potrebbe mai adattarsi. Una cultura che sacrifica l'individuo agli interessi della collettività, pare a me. L'unico socialismo reale, lo definiva un mio amico che è stato sposato ad una giapponese. Che ci ha vissuto, in quel paese. Eppure a lui piaceva. Persone diverse hanno diverse esigenze (non dovremmo mai scordarcelo).
Provare umana simpatia per dolori che non ci sfiorano.
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