Campi, staccionate. Una linea di terra nera dietro ai vetri, in cima alla collina un palo o spaventapasseri. Acqua ovunque, nel tinello, acqua che scroscia e sta ferma nei solchi. Il vento di primavera porta i pollini, quello d'autunno odore di legna combusta.
Vite di sudore e fatica.
"Facevo la spola fra il fondovalle e il villaggio, al passo facevo correre i cavalli perché dicevano ci fosse il bandito. Facevo sempre correre i cavalli fra un'osteria e l'altra."
Piccole comunità in Nebraska, Massachussets, Langhe, Tirolo.
Siamo le bocche cucite, siamo i segreti così gelosamente conservati.
Sono il fantasma della ragazza nel pozzo
uccisa dall'uomo che possedeva la mia famiglia.
Sono passati molti anni da quando sono precipitata
ancora nessuno mi ha trovato.
WILLARD GRANT CONSPIRACY
From the CD Regard The End
I'm the ghost of the girl in the well
Killed by a man who owned my family
It's been many years since I fell
Still no one has found me
I was fourteen years old when I died
The earth had just turned and the field were alive
So alive
Mister called out to me and I ran
I didn't want to be under him
Anymore
I'm the ghost of the girl in the well
I was trying to hide when my fingers slipped
In the darkness I cried and I cried
All my tears
Taken by the water
I'm the ghost of the girl in the well
Killed by a man who owned my family
Antony and the Johnsons - breve saggio
(BBC session, 2005)
(...a Julian Schnabel documentary, 2008)
Sentivo il cuore che mi batteva. Sentivo il battito del cuore di ognuno: sentivo il rumore umano che facevamo tutti, lì seduti, senza muoverci, nemmeno quando la stanza diventò tutta buia.
Raymond Carver, Di che cosa parliamo quando parliamo d'amore
Concerto del 1° maggio
Vasco Rossi, Giorgia, Caparezza, Marina Rei, Pfm, Edoardo Bennato e Paola Turci: se questi sono i nomi dei musicisti che si esibiranno al prossimo festival del 1° maggio a Roma significa che una stagione (felice) si è chiusa.
Nostalgia dei '90
Ho letto questo post gustoso assai, "la tua ragazza ha dei cd di merda" e a un certo punto (sono tardo, lo so) ho capito che in sostanza parlava della nostalgia degli anni '90. Per chi come me è nato attorno al 1965 è normale avere nostalgia degli '80, che la generazione precedente (quella dei sessantottini) aveva bollato come anni schifosi, anche musicalmente (Duran Duran, riflusso ecc.). Per molti di noi invece gli anni '80 erano stati anni di musica indimenticabile: i Cure, gli Smiths, i primi U2, David Sylvian...
Ora evidentemente tocca a quelli che sono nati 10 anni dopo. A loro volta cominciano a rivangare gli anni '90, che sono poi stati i loro anni di formazione.
Essendo io perso completo per la musica, non potevo non darci un'occhiatina.
Dunque, vediamo una personalissima graduatoria. Innanzitutto i due pilastri.
Jeff Buckley, Grace
Youssou N'Dour, The guide
Il primo, il miglior disco rock del decennio. Il secondo, uno dei migliori esempi di quella world music virata al rock che è emersa proprio in quegli anni, musica di contaminazione, di culture che si mescolano...(un altro buon esempio, più "colto", è Talking Tumbuctu di Ry Cooder e Ali Farka Toure)
Gli italiani:
CSI, Tabula rasa elettrificata
Elio e le storie tese, Rum, kasusu...(inzomma, il mitico disco con il pippero, gli uomini col borsello, supergiovane, la barza del fantasma formaggino)
Poi in ordine sparso: Lou Reed in una mia classifica non può mancare, 2 dischi imperdibili nei '90, il primo uscito proprio all'inizio del decennio, Songs for Drella, realizzato assieme a John Cale, l'omaggio definitivo al pigmalione Andy Warhol, il secondo Magic and Loss.
David Bowie: Heartling (disco influenzato dal trip hop, il Duca bianco ha candidamente confessato di avere copiato quei suoni, comunque notevole, l'ultimo lavoro notevole di Bowie secondo me).
Il rap e l'acid jazz hanno prodotto cose fantastiche, due su tutte: Urban Species, Listen, e Arrested development, 3 years, 5 month... (con questo disco il rap s'era tirato fuori dall'infantilismo del gangsta rap, che purtroppo però ha continuato a dominare sovrano).
Album dal vivo:
Peter Gabriel, Secrets world life. La moda dei live albums negli anni '90 ha cominciato a declinare.
Altri album imperdibili:
ovviamente il primo dei Radiohead e poi ok computer, Nevermind dei Nirvana, Post orgasmic chill di Skunk Anansie, Zooropa degli U2, forse un po' sottovalutato, Sweet oblivion degli Screaming trees, Tropicalia 2 di Caetano Veloso e Gilberto Gil (il ritorno in grande stile della bossa nova.
Infine, in ordine sparso, Suede (ah, che gruppo, il glam rock non muore mai del tutto!), Chemical Bros., Bjork, Terence Trent (direttamente dagli '80, già sul punto di scomparire), Khaled, Papa Wemba, Smashing Pumpkins, Oasis, Eminem...tutta gente che non ho seguito abbastanza ma che un segno l'ha lasciato.
Cosa rimane fuori? Tutta la house/dance. Lo ammetto. Non conosco. Non è il mio genere. Però a suo modo è stata forse la vera novità di quegli anni.
Teledurruti, l'unico modo di parlare di Berlusconi
Confesso che non riesco a leggere gli articoli, i libri,le dotte analisi, i pistolotti e le barze su/contro Berlusconi. Sarà l'età. Berlusconi ci domina direttamente dal 1993 (se non sbaglio, vado a memoria, non ho neanche voglia di controllare quando vinse le elezioni e Fede ebbe il suo primo orgasmo in diretta, mi ricordo che quella sera ero in comunità) e indirettamente da molto prima grazie alle tv e ai suoi amici piduisti. Dedicare troppe attenzioni a quest'uomo significherebbe sacrificare troppo tempo prezioso della propria vita a una questione deprimente (ma, in fondo, sopportabile, è questa la scoperta, sopportabile, come una malformazione fisica con cui impari a fare i conti).
Io ho smesso presto di farlo. So che può sembrare qualunquista, e che probabilmente questo è un lusso che possiamo permetterci noi delle province autonome (che abbiamo crucci incomprensibili al resto degli italiani, tipo le nuove competenze dell'A.S.I. - Autonomia Speciale Insaziabile, ma che ad esempio ce ne impippiamo della nuova riforma della scuola e del 5 in condotta perchè continuiamo a fare quello che ci pare).
Perciò non me ne frega neanche niente della partecipazione di Berlusconi alle cerimonie del 25 aprile, e se abbia usato o no la parola "comunisti" ecc. Berlusconi è il perfetto esempio dell'Italia che non ha nulla a che vedere con i partigiani e con le loro memorie. Lui al 25 aprile sarebbe come dire Claudia Koll nella parte di Maria Goretti, come Giovanni Lindo Ferretti cattointegralista e amico di Ferrara, cose inimmaginabili...
Si è messo il fazzoletto partigiano? Capirai, anche il papa si mette le kefiah, ormai...
Ha detto che bloccherà la legge che equipara partigiani a repubblichini? Eh, vabbé, non avevamo bisogno di questo per sapere che c'era stata una differenza abissale fra gli uni e gli altri, ovvero: i primi stavano dalla parte giusta e gli altri da quella delle leggi razziali, del colonialismo, della guerra, del culto della morte proprio del fascismo (a onor del vero nemmeno questo appartiene a Berlusconi. Pugnal fra i denti e bombe a mano? Ma va là...).
Di Berlusconi mi interessa ormai solo il lato estetico, che trovo imbarazzante: cioé, mi imbarazza far parte di un popolo che apprezza ciò che apprezza Berlusconi (tipo, la musica di Apicella), ride per le barzellette di cui ride Berlusconi (tipo quella sui desaparecidos), vuole quello che ha Berlusconi (tipo, le sue ville in Sardegna) ecc.
Di lui salvo solo una cosa: la sua avversione per l'aglio (eh, vabbé, so che è una cosa da fighetti, ma è più forte di me...)
Occuparsi di Berlusconi è come guardare il film "Irreversibile", quello con Monica Bellucci, che comincia dalla fine. In pratica, il peggio è già successo, no? Ci ha governati, e questo è un fatto che non si potrà mai cambiare: è come uno stupro, se sei stata stuprata non ci puoi fare nulla, è successo ed è successo ed è successo. Fine. Puoi solo dimenticare, se ci riesci. Ma occuparsi di Berlusconi è anche come guardare uno di quei terrificanti film di fantascienza che parlano di viaggi nel tempo in un tempo ancora più di merda di quello attuale, tipo "L'esercito delle 12 scimmie": perché Berlusconi ci governerà, e questo è un vaticinio destinato ad avverarsi puntualmente, sì sì, anzi, si avvera ad ogni secondo ad ogni granello di sabbia che scorre da una parte all'altra della clessidra (come si chiamano le parti della clessidra?).
Fine della storia. Bisogna pensare ad altro. A cose più serie tipo i talebani alla conquista dell'atomica pachistana, i pirati somali, Obama in Turchia, il cd dei Bastard...
Faccio solo un'eccezione ed è per Teledurruti, che mi ha fatto conoscere Carlo. Strepitosa televisione anarchica di Fulvio Abbate. Su Berlusconi e il 25 aprile, quest'uomo ha detto la parola definitiva. Guardate Teledurruti. Sostenete Teledurruti.
E ora un po' di gratificazione sonora.
Io ho smesso presto di farlo. So che può sembrare qualunquista, e che probabilmente questo è un lusso che possiamo permetterci noi delle province autonome (che abbiamo crucci incomprensibili al resto degli italiani, tipo le nuove competenze dell'A.S.I. - Autonomia Speciale Insaziabile, ma che ad esempio ce ne impippiamo della nuova riforma della scuola e del 5 in condotta perchè continuiamo a fare quello che ci pare).
Perciò non me ne frega neanche niente della partecipazione di Berlusconi alle cerimonie del 25 aprile, e se abbia usato o no la parola "comunisti" ecc. Berlusconi è il perfetto esempio dell'Italia che non ha nulla a che vedere con i partigiani e con le loro memorie. Lui al 25 aprile sarebbe come dire Claudia Koll nella parte di Maria Goretti, come Giovanni Lindo Ferretti cattointegralista e amico di Ferrara, cose inimmaginabili...
Si è messo il fazzoletto partigiano? Capirai, anche il papa si mette le kefiah, ormai...
Ha detto che bloccherà la legge che equipara partigiani a repubblichini? Eh, vabbé, non avevamo bisogno di questo per sapere che c'era stata una differenza abissale fra gli uni e gli altri, ovvero: i primi stavano dalla parte giusta e gli altri da quella delle leggi razziali, del colonialismo, della guerra, del culto della morte proprio del fascismo (a onor del vero nemmeno questo appartiene a Berlusconi. Pugnal fra i denti e bombe a mano? Ma va là...).
Di Berlusconi mi interessa ormai solo il lato estetico, che trovo imbarazzante: cioé, mi imbarazza far parte di un popolo che apprezza ciò che apprezza Berlusconi (tipo, la musica di Apicella), ride per le barzellette di cui ride Berlusconi (tipo quella sui desaparecidos), vuole quello che ha Berlusconi (tipo, le sue ville in Sardegna) ecc.
Di lui salvo solo una cosa: la sua avversione per l'aglio (eh, vabbé, so che è una cosa da fighetti, ma è più forte di me...)
Occuparsi di Berlusconi è come guardare il film "Irreversibile", quello con Monica Bellucci, che comincia dalla fine. In pratica, il peggio è già successo, no? Ci ha governati, e questo è un fatto che non si potrà mai cambiare: è come uno stupro, se sei stata stuprata non ci puoi fare nulla, è successo ed è successo ed è successo. Fine. Puoi solo dimenticare, se ci riesci. Ma occuparsi di Berlusconi è anche come guardare uno di quei terrificanti film di fantascienza che parlano di viaggi nel tempo in un tempo ancora più di merda di quello attuale, tipo "L'esercito delle 12 scimmie": perché Berlusconi ci governerà, e questo è un vaticinio destinato ad avverarsi puntualmente, sì sì, anzi, si avvera ad ogni secondo ad ogni granello di sabbia che scorre da una parte all'altra della clessidra (come si chiamano le parti della clessidra?).
Fine della storia. Bisogna pensare ad altro. A cose più serie tipo i talebani alla conquista dell'atomica pachistana, i pirati somali, Obama in Turchia, il cd dei Bastard...
Faccio solo un'eccezione ed è per Teledurruti, che mi ha fatto conoscere Carlo. Strepitosa televisione anarchica di Fulvio Abbate. Su Berlusconi e il 25 aprile, quest'uomo ha detto la parola definitiva. Guardate Teledurruti. Sostenete Teledurruti.
E ora un po' di gratificazione sonora.
I want you
Un esempio di poesia futurista per i tempi che sta(va)no cambiando... (ma anche un pretesto per segnalare l'uscita del nuovo disco di Bob Dylan, un disco d'amore, di cui parleremo prossimamente perché non mi piace recensire ciò che non ho letto/ascoltato, come fanno a volte i giornalisti...)
Il becchino colpevole sospira
lo spremiaranci solitario piange
i sassofoni d'argento mi dicono che farei bene a rifiutarti
Le campane incrinate ed i corni stinti
mi soffiano in faccia con disprezzo
Ma non sarà così
Non sono nato per perderti
Ti voglio, ti voglio
ti voglio da morire,
amore, ti voglio
Il politicante ubriaco salta
sulla strada dove madri si lamentano
ed i salvatori dal sonno facile
ti stanno aspettando
Ed io aspetto che facciano cessare
questo mio bere dalla mia tazza incrinata
e che mi chiedano
di spalancarti i cancelli
Ti voglio, ti voglio
ti voglio da morire,
dolcezza, ti voglio
Adesso tutti i miei padri sono caduti
il vero amore, non l'hanno mai conosciuto
Ma tutte le loro figlie mi scaraventano a terra
perchè non me ne curo
Bene, ritorno dalla Regina di Picche
e parlo con la mia cameriera
Lei sa che non ho paura di guardarla
E' buona con me
e non c'è nulla che non veda
Lei sa bene dove mi piacerebbe essere
Ma non importa
Ti voglio, ti voglio,
ti voglio da morire
dolcezza, ti voglio
Adesso il tuo figlio ballerino con il suo vestito cinese
mi ha parlato, io gli ho preso il flauto
No, non sono stato molto cortese,
non è vero?
Ma l'ho fatto perchè mi ha mentito
e perchè ti ha preso in giro
e perchè il tempo era dalla sua parte
E perchè io...
Ti voglio, ti voglio,
ti voglio da morire,
amore, ti voglio
Bob Dylan, 1966
Odifreddi: la religione è infantile
Piergiorgio Odifreddi, ieri a Trento per l'apertura del Filmfestival della montagna.
Brillante, divertente nell'incontro organizzato nel pomeriggio dai laici del Trentino (la laicità, qui, non è mica uno scherzo).
Odifreddi ha sostenuto che la fase religiosa è una fase tutto sommato infantile; il bambino cerca una spiegazione ai grandi dilemmi esistenziali (chi siamo, chi ha creato il mondo ecc.) e la trova nella religione, nel grande disegno divino, nel dio-padre ecc.
A questa seguirebbe una fase adolescenziale, romantica, in cui magari i dogmi della religione non bastano più e il loro posto viene preso dai grandi tormenti e dalle macerazioni esistenziali sul "senso della vita", nonché dalla lettura di Sartre e Dostoevskij.
Ma infine arriva o dovrebbe arrivare una fase adulta, in cui l'uomo si accontenta delle spiegazioni razionali che riesce a darsi (attraverso la scienza), e smette di arrovellarsi sulle domande a cui non riesce a dare risposta.
Personalmente mi sono sentito un pio' chiamato in causa perché io sono precisamente uno di quelli che hanno letto La nausea a 13 anni, solo che non credo di avere mai capito esattamente in cosa consista la "maturità".
Con la ragione si potrebbe anche essere d'accordo con Odifreddi. In effetti il suo ragionamento è abbastanza in linea con l'agnosticismo di Protagora, che riguardo agli dei dichiarava prudentemente: meglio non pronunciarsi. Il punto è che il modello di persona matura o adulta che un certo tipo di razionalisti sembrano avere in mente non è poi così attraente. Voglio dire: quando smetti di interrogarti sulle grandi questioni (e di leggere la grande letteratura) cosa resta? Odifreddi ha la matematica, è un intellettuale. Ma le persone comuni? La nuova macchina, l'i-pod, una bella mangiata, le barzellette, le puttane? E' davvero tutto qui? (ovviamente lo so benissimo che non è tutto qui per Odifreddi e tanti altri, ma il ragionamento va un po' estremizzato...)
E l'arte, ad esempio? E l'etica? E l'estetica? Non sono tutte cose prodotte - almeno in buona parte - dalle "grandi domande"? Non appartengono forse all'età lirica, quella dell'immaturità (per citare Kundera)? Persino il disincanto degli esistenzialisti è "lirico", non ha molto a che vedere con quel - ragionevole - accontentarsi delle risposte che riusciamo a darci di cui parla Odifreddi.
Anche senza credere in un dio creatore o in un dio che muore e risorge o in un giudizio universale o in una vita dopo la morte si può avere non solo un'intensa vita interiore, che non si accontenta dello scorrere lieve della vita, ma persino un'inclinazione al "mistero". Se l'ateismo si limita alla scienza è troppo poco, non fosse altro perché il linguaggio della scienza è estremanente complicato e specialistico. Certo, l'ironia è un'altra preziosa alleata. Ma è sempre poco. E' vero, la chiesa si serve di una simbologia elaborata, di riti suggestivi che possono sembrare assolutamente irragionevoli e persino "pagani" (infatti nel caso delle religioni monoteistiche sono quasi sempre la rielaborazione di qualcosa di preesistente). Ma l'uomo ha bisogno di miti e riti, perché sono questi (perlomeno anche questi) gli strumenti di cui dispone per dare un senso al mondo, per leggerlo, per interpretarlo, per narrarlo. Sartre, Warhol, Jim Morrison (per non dire delle ideologie, della politica) questo tipo di bisogni incarnano (o hanno incarnato). Freud o Darwin non sarebbero bastati.
Poi ogni epoca ha i miti e i riti che si merita. Se i miti e i riti "laici" oggi sono il Suv, il chirurgo plastico, il Grande Fratello o i Family days vuol dire che viviamo tempi molto degradati e in questo degrado ci siamo detro tutti, credenti e non credenti. Curioso infatti che Odifreddi incolpi la televisione di dare man forte alla religione, mentre i credenti fanno un ragionamento uguale e contrario, incolpando la televisione di propugnare una società completamente secolarizzata e appiattita sui peggiori disvalori (individualismo, primato dell'apparire sull'essere ecc.)
In una intervista a un quotidiano locale Odifreddi ha poi ripreso un suo vecchio cavallo di battaglia, dicendo che la democrazia rappresentativa è un sistema di governo superato e molto imperfetto, specie per gestire cose complesse come le guerre o le grandi crisi economiche. Questo perché - spiega il matematico, chiedendo aiuto a Darwin - il meccanismo della selezione, che porta alcuni politici ad essere eletti, non premia necessariamente i migliori, anzi, a volte i peggiori.
E fin qui, di nuovo, non ci piove. Il dubbio è semmai che la soluzione di cui parla Odifreddi sia la più efficace. Che sarebbe "dar voce alla gente", o qualcosa del genere. Non sarebbe più onesto essere sinceramente elitari, a questo punto? Lo sosteneva ieri Ludik riguardo a X Factor: perché lasciare che sia il televoto a decidere? In fondo la gente è la stessa che elegge il politico di turno per i suoi soldi o per i sogni falsi che smercia, che ascolta musica terribile, che si droga di tecnologia da mane a sera...
Qui però casca l'asino, perché tutti noi amiamo la libertà e non vorremmo, al posto della democrazia, un governo aristocratico. E comunque, di quale aristocrazia parleremmo? Quella degli spiriti eletti, dei migliori, o quella dei più ricchi? (in questo caso saremmo sempre lì, a Berlusconi) Quella dei più laici o quella degli unti dal signore?
La possiamo girare come vogliamo ma il motto: "La democrazia è il peggior sistema di governo, a parte tutti gli altri" rimane insuperabile.
Brillante, divertente nell'incontro organizzato nel pomeriggio dai laici del Trentino (la laicità, qui, non è mica uno scherzo).
Odifreddi ha sostenuto che la fase religiosa è una fase tutto sommato infantile; il bambino cerca una spiegazione ai grandi dilemmi esistenziali (chi siamo, chi ha creato il mondo ecc.) e la trova nella religione, nel grande disegno divino, nel dio-padre ecc.
A questa seguirebbe una fase adolescenziale, romantica, in cui magari i dogmi della religione non bastano più e il loro posto viene preso dai grandi tormenti e dalle macerazioni esistenziali sul "senso della vita", nonché dalla lettura di Sartre e Dostoevskij.
Ma infine arriva o dovrebbe arrivare una fase adulta, in cui l'uomo si accontenta delle spiegazioni razionali che riesce a darsi (attraverso la scienza), e smette di arrovellarsi sulle domande a cui non riesce a dare risposta.
Personalmente mi sono sentito un pio' chiamato in causa perché io sono precisamente uno di quelli che hanno letto La nausea a 13 anni, solo che non credo di avere mai capito esattamente in cosa consista la "maturità".
Con la ragione si potrebbe anche essere d'accordo con Odifreddi. In effetti il suo ragionamento è abbastanza in linea con l'agnosticismo di Protagora, che riguardo agli dei dichiarava prudentemente: meglio non pronunciarsi. Il punto è che il modello di persona matura o adulta che un certo tipo di razionalisti sembrano avere in mente non è poi così attraente. Voglio dire: quando smetti di interrogarti sulle grandi questioni (e di leggere la grande letteratura) cosa resta? Odifreddi ha la matematica, è un intellettuale. Ma le persone comuni? La nuova macchina, l'i-pod, una bella mangiata, le barzellette, le puttane? E' davvero tutto qui? (ovviamente lo so benissimo che non è tutto qui per Odifreddi e tanti altri, ma il ragionamento va un po' estremizzato...)
E l'arte, ad esempio? E l'etica? E l'estetica? Non sono tutte cose prodotte - almeno in buona parte - dalle "grandi domande"? Non appartengono forse all'età lirica, quella dell'immaturità (per citare Kundera)? Persino il disincanto degli esistenzialisti è "lirico", non ha molto a che vedere con quel - ragionevole - accontentarsi delle risposte che riusciamo a darci di cui parla Odifreddi.
Anche senza credere in un dio creatore o in un dio che muore e risorge o in un giudizio universale o in una vita dopo la morte si può avere non solo un'intensa vita interiore, che non si accontenta dello scorrere lieve della vita, ma persino un'inclinazione al "mistero". Se l'ateismo si limita alla scienza è troppo poco, non fosse altro perché il linguaggio della scienza è estremanente complicato e specialistico. Certo, l'ironia è un'altra preziosa alleata. Ma è sempre poco. E' vero, la chiesa si serve di una simbologia elaborata, di riti suggestivi che possono sembrare assolutamente irragionevoli e persino "pagani" (infatti nel caso delle religioni monoteistiche sono quasi sempre la rielaborazione di qualcosa di preesistente). Ma l'uomo ha bisogno di miti e riti, perché sono questi (perlomeno anche questi) gli strumenti di cui dispone per dare un senso al mondo, per leggerlo, per interpretarlo, per narrarlo. Sartre, Warhol, Jim Morrison (per non dire delle ideologie, della politica) questo tipo di bisogni incarnano (o hanno incarnato). Freud o Darwin non sarebbero bastati.
Poi ogni epoca ha i miti e i riti che si merita. Se i miti e i riti "laici" oggi sono il Suv, il chirurgo plastico, il Grande Fratello o i Family days vuol dire che viviamo tempi molto degradati e in questo degrado ci siamo detro tutti, credenti e non credenti. Curioso infatti che Odifreddi incolpi la televisione di dare man forte alla religione, mentre i credenti fanno un ragionamento uguale e contrario, incolpando la televisione di propugnare una società completamente secolarizzata e appiattita sui peggiori disvalori (individualismo, primato dell'apparire sull'essere ecc.)
In una intervista a un quotidiano locale Odifreddi ha poi ripreso un suo vecchio cavallo di battaglia, dicendo che la democrazia rappresentativa è un sistema di governo superato e molto imperfetto, specie per gestire cose complesse come le guerre o le grandi crisi economiche. Questo perché - spiega il matematico, chiedendo aiuto a Darwin - il meccanismo della selezione, che porta alcuni politici ad essere eletti, non premia necessariamente i migliori, anzi, a volte i peggiori.
E fin qui, di nuovo, non ci piove. Il dubbio è semmai che la soluzione di cui parla Odifreddi sia la più efficace. Che sarebbe "dar voce alla gente", o qualcosa del genere. Non sarebbe più onesto essere sinceramente elitari, a questo punto? Lo sosteneva ieri Ludik riguardo a X Factor: perché lasciare che sia il televoto a decidere? In fondo la gente è la stessa che elegge il politico di turno per i suoi soldi o per i sogni falsi che smercia, che ascolta musica terribile, che si droga di tecnologia da mane a sera...
Qui però casca l'asino, perché tutti noi amiamo la libertà e non vorremmo, al posto della democrazia, un governo aristocratico. E comunque, di quale aristocrazia parleremmo? Quella degli spiriti eletti, dei migliori, o quella dei più ricchi? (in questo caso saremmo sempre lì, a Berlusconi) Quella dei più laici o quella degli unti dal signore?
La possiamo girare come vogliamo ma il motto: "La democrazia è il peggior sistema di governo, a parte tutti gli altri" rimane insuperabile.
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In Berlin, by the wall
A Berlino, accanto al muro
eri alta un metro e settantacinque
era molto bello
lume di candela e Dubonnet con ghiaccio
Eravamo in un piccolo cafè
si sentivano le chitarre suonare
era molto bello
Oh, tesoro era il paradiso
Mi sono alzano come al solito sui tocchi delle campane. Mio padre era davanti alla tv. Mi indicò lo schermo. "Guarda", disse. C'erano i berlinesi che scavalcavano il Muro, che lo prendevano a picconate, che stappavano bottiglie di vino spumante. Venti anni fa.
Rimasi freddo, ostentai persino indifferenza. Questo dimostra quanto si possa essere stupidi, a volte. Credo fossi irritato per tre cose: perché la Storia non si era premurata di avvertirmi, prima; perché non l'avessero fatto almeno i miei professori alla facoltà di Scienze politiche (che scienza è una scienza che non riesce a prevedere almeno un evento come questo, con largo anticipo?); perché pensavo che il difficile sarebbe venuto dopo, e presto quegli entusiasmi si sarebbero smorzati.
C'è chi lo pensa anche oggi. C'è chi pensa anche adesso che fosse meglio col Muro in piedi. Andreotti, qualche anno prima della caduta, disse che il Muro doveva rimanere lì. Anche questo erano i democristiani. Lo spaventava la Germania unita. Francamente faccio fatica ad immaginare un popolo meno aggressivo dei tedeschi, ma sarà che non li ho visti in azione.
Il Muro è stato un potente simbolo, evaporato molto in fretta. Ispirò quello che viene considerato il disco più depressivo della storia del rock, "Berlin" di Lou Reed. Ispirò una canzone che ancora adesso viene usata nelle pubblicità, "Heroes", incisa nei celebri Hansa Studios. Bowie e Iggy Pop vissero lì, la new wave italiana cercò a Berlino le sue suggestioni, con Garbo, con Faust'o. Berlino era la nuova frontiera, già post-ideologica, già proiettata negli anni '80, nell'era di Gorbaciov, aperta da "The Wall" dei Pink Floyd, non a caso. Berlino era Christiane F., i ragazzi drogati dello Zoo (il film infatti è anche un grande omaggio alla musica del Bowie berlinese, decadente ed elettronico, a sua volta fortemente ispirato dai Kraftwerk, dalla nouvelle vague tedesca). Poi Berlino è stata quella di Wenders, estetizzante e neoromantica (anche se io i suoi angeli non li ho mai sopportati).
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Aprile è il mese più crudele
T. S.ELIOT, LA TERRA DESOLATA
Aprile è il mese più crudele, generando
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, eccitando spente radici
Con pioggia della primavera.
L'inverno ci mantenne al caldo, coprendo la terra di neve smemorata,
Nutrendo con secchi tuberi una vita misera.
L'estate ci sorprese, giungendo sullo Starnbergersee
Con uno scroscio di pioggia: noi ci fermammo sotto il colonnato,
E proseguimmo nel sole, nel Hofgarten,
E bevemmo caffè, e parlammo un'ora intera.
Bin gar keine Russin, stamm' aus Litauen, echt deutsch.
E quando eravamo bambini e stavamo presso l'arciduca,
Mio cugino, mi condusse in slitta,
E ne fui atterrita. Mi disse, Marie,
Marie, tieniti forte. E ci lanciammo giù.
Fra le montagne, là ci si sente liberi.
Per la gran parte della notte leggo, d'inverno vado a sud.
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Terremoto: una testimonianza
Un amico, Lorenzo Rotondi, è stato a Paganica lunedì sera con la colonna mobile della protezione civile trentina. Questa è la sua testimonianza, che pubblico volentieri, perché mi sembra molto bella, sincera e piena di umanità.
Erano le nove di un lunedì qualsiasi, almeno così pensavo finché non mi sono reso conto appieno di quello che era successo poche ore prima, nel cuore della notte, tra le montagne dell’Abruzzo. Un rumore sordo, la terra che trema e centinaia di vite che se ne vanno in mezzo alle rovine di paesi e città. In ufficio il capo mi dice di preparare la valigia e andare al seguito dei soccorsi trentini, in partenza entro poche ore, in mattinata. Devo andare a fare il mio lavoro: documentare quello che è successo.
E’ cominciata così un’esperienza umana che non dimenticherò e una lezione di vita veramente preziosa. Me l’hanno offerta gli uomini della protezione civile trentina e in particolare i Vigili del Fuoco che mi hanno dato un passaggio e con cui ho condiviso buona parte del tempo.
E’ stato un viaggio lungo e lento perché i pesanti camion dell’autocolonna non potevano superare gli ottanta all’ora e spesso dovevano fermarsi per fare il pieno. Già prima di partire mi ha colpito la capacità di decidere al volo quali mezzi inviare, quali attrezzature portare e quanti uomini. Ma questo, alla fine, è il risultato di tanta esperienza, di protocolli collaudati. La lezione vera doveva ancora arrivare.
Per tutto il tempo la radio e le testimonianze dei primi a giungere sul posto facevano rimbalzare fino a noi le prime notizie. Ogni volta che arrivava un aggiornamento si facevano sempre più cupi i contorni della tragedia vissuta dalla popolazione abruzzese. E’ il terremoto, il ruggito della terra, e non dà scampo.
Mentre stiamo per arrivare ci pensa il tempo a dare al paesaggio tinte cupe, un ché di maligno. Ci accoglie un violento temporale e la prima cosa che ti viene in mente è che ci mancava proprio questo; non bastavano i morti, le case sbriciolate, la paura, il freddo.
Dopo dieci ore di strada siamo a Paganica che è ormai notte. E’ buio ma, per fortuna, almeno ha smesso di piovere. Ed è a questo punto che ricevo la mia lezione. La macchina dei soccorsi si mette subito in azione. Qualcuno a montare il campo e gli altri subito a scavare tra le macerie a Onna, uno dei centri più colpiti.
Dopo un viaggio che a noi, persone normali, scendendo dalla macchina fa dire “Che stanco, per fortuna sono arrivato, non vedo l’ora di sdraiarmi un po’ e riposare”, ho visto questi uomini indossare le tute da lavoro, infilare in testa un elmetto e arrampicarsi sui cumuli di sassi in cerca dei sopravvissuti.
Ingenuamente ho chiesto a uno di loro “Ma iniziate subito o aspettate domattina”. “Ci hanno ordinato di iniziare subito – mi ha risposto un giovane vigile – e comunque meglio così. Chi se la sentirebbe di andare a dormire sapendo che là sotto ci sono delle persone”.
Senza lagnarsi o avanzare riserve si sono preparati veloci e in silenzio, hanno preso i ferri del mestiere e ascoltato le disposizioni dei responsabili. Poi sono spariti, inghiottiti dalla distesa di palazzi sventrati, muri crollati, calcinacci, ferri da armatura, macchine sfasciate, effetti personali, fango.
Li ho rivisti la mattina dopo. Hanno lavorato tutta la notte. I più fortunati hanno riposato un paio d’ore. Sono ancora in piena attività. Alfio, il caposquadra, uno dei primi a intervenire, mi accoglie nella sala operativa del campo con un sorriso. Chiede a me come va, se sono riuscito a riposare un pò. Intanto, con i suoi colleghi, aiuta a coordinare gli interventi delle squadre di vigili del fuoco che continuano a partire a arrivare. C’è ancora da scavare, ci sono abitazioni da controllare, c’è da finire di completare il campo perché al più presto possa dare sollievo alla popolazione, c’è da rispondere alle persone che si presentano a chiedere aiuto, c’è da dare conforto a chi ha bisogno anche di una buona parola.
Alfio e i suoi colleghi si muovono con solerzia ma sono tranquilli, ti trasmettono calma. Si fanno carico di drammi umani con il tono e l’approccio giusti, decisi ma garbati. Come la sera prima mi danno sempre l’impressione di sapere esattamente cosa c’è da fare. Intanto nel campo continua febbrile l’attività e io penso che se un giorno dovesse capitare a me vorrei che fossero proprio loro a venire ad aiutarmi.
E’ cominciata così un’esperienza umana che non dimenticherò e una lezione di vita veramente preziosa. Me l’hanno offerta gli uomini della protezione civile trentina e in particolare i Vigili del Fuoco che mi hanno dato un passaggio e con cui ho condiviso buona parte del tempo.
E’ stato un viaggio lungo e lento perché i pesanti camion dell’autocolonna non potevano superare gli ottanta all’ora e spesso dovevano fermarsi per fare il pieno. Già prima di partire mi ha colpito la capacità di decidere al volo quali mezzi inviare, quali attrezzature portare e quanti uomini. Ma questo, alla fine, è il risultato di tanta esperienza, di protocolli collaudati. La lezione vera doveva ancora arrivare.
Per tutto il tempo la radio e le testimonianze dei primi a giungere sul posto facevano rimbalzare fino a noi le prime notizie. Ogni volta che arrivava un aggiornamento si facevano sempre più cupi i contorni della tragedia vissuta dalla popolazione abruzzese. E’ il terremoto, il ruggito della terra, e non dà scampo.
Mentre stiamo per arrivare ci pensa il tempo a dare al paesaggio tinte cupe, un ché di maligno. Ci accoglie un violento temporale e la prima cosa che ti viene in mente è che ci mancava proprio questo; non bastavano i morti, le case sbriciolate, la paura, il freddo.
Dopo dieci ore di strada siamo a Paganica che è ormai notte. E’ buio ma, per fortuna, almeno ha smesso di piovere. Ed è a questo punto che ricevo la mia lezione. La macchina dei soccorsi si mette subito in azione. Qualcuno a montare il campo e gli altri subito a scavare tra le macerie a Onna, uno dei centri più colpiti.
Dopo un viaggio che a noi, persone normali, scendendo dalla macchina fa dire “Che stanco, per fortuna sono arrivato, non vedo l’ora di sdraiarmi un po’ e riposare”, ho visto questi uomini indossare le tute da lavoro, infilare in testa un elmetto e arrampicarsi sui cumuli di sassi in cerca dei sopravvissuti.
Ingenuamente ho chiesto a uno di loro “Ma iniziate subito o aspettate domattina”. “Ci hanno ordinato di iniziare subito – mi ha risposto un giovane vigile – e comunque meglio così. Chi se la sentirebbe di andare a dormire sapendo che là sotto ci sono delle persone”.
Senza lagnarsi o avanzare riserve si sono preparati veloci e in silenzio, hanno preso i ferri del mestiere e ascoltato le disposizioni dei responsabili. Poi sono spariti, inghiottiti dalla distesa di palazzi sventrati, muri crollati, calcinacci, ferri da armatura, macchine sfasciate, effetti personali, fango.
Li ho rivisti la mattina dopo. Hanno lavorato tutta la notte. I più fortunati hanno riposato un paio d’ore. Sono ancora in piena attività. Alfio, il caposquadra, uno dei primi a intervenire, mi accoglie nella sala operativa del campo con un sorriso. Chiede a me come va, se sono riuscito a riposare un pò. Intanto, con i suoi colleghi, aiuta a coordinare gli interventi delle squadre di vigili del fuoco che continuano a partire a arrivare. C’è ancora da scavare, ci sono abitazioni da controllare, c’è da finire di completare il campo perché al più presto possa dare sollievo alla popolazione, c’è da rispondere alle persone che si presentano a chiedere aiuto, c’è da dare conforto a chi ha bisogno anche di una buona parola.
Alfio e i suoi colleghi si muovono con solerzia ma sono tranquilli, ti trasmettono calma. Si fanno carico di drammi umani con il tono e l’approccio giusti, decisi ma garbati. Come la sera prima mi danno sempre l’impressione di sapere esattamente cosa c’è da fare. Intanto nel campo continua febbrile l’attività e io penso che se un giorno dovesse capitare a me vorrei che fossero proprio loro a venire ad aiutarmi.
Lorenzo Rotondi
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Terremoto: la protezione civile trentina
Non parole sul terremoto. Che cosa dire? Forse solo che quando si ritrovano inermi di fronte ad eventi incomprensibili, gli uomini a volte danno il meglio di sé. Sono capaci di cose inaudite, come stringersi l'uno all'altro.
Un video è tutto quello che ho: le immagini della Protezione civile trentina in partenza ieri, attorno alle 11, alla volta de L'Aquila. La richiesta era arrivata alle 7 del mattino: 4 ore dopo un'unità mobile composta da 120 persone, 50 mezzi e due elicotteri era già pronta. Io ci ho messo l'intervista. Loro, tutto il resto. La parola "solidarietà" che ho messo fra i tags, per una volta non mi sembra sprecata.
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Nico - a tribute (Ferrara, 10 maggio)
Tributo a Nico (Colonia, 1938 - Ibiza, 1988), il 10 maggio a Ferrara.
Se pensi che la musica sia un piacevole intrattenimento, stai alla larga.
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All'epoca gli spaccarono la testa
I grandi del pianeta oggi scoprono che c'è del marcio nel capitalismo mondiale selvaggio e computerizzato che hanno spacciato come la grande conquista dell'umanità degli ultimi 30 anni.
Sarkozy si spinge fino a chiedere l'abolizione dei paradisi fiscali.Tutto questo mi ricorda qualcosa, ma cosa?
Ah, sì, le tesi dei no - global!
Solo che a loro nel 2001 a Genova spaccarono le teste.
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