Di montagne e salite

Potendo scegliere, avrei scelto il mare.

La montagna, ho iniziato ad avvicinarmi tardi alla montagna, si sa, il mare è per i ragazzini, la montagna è per gli adulti.

Non parlo della montagna ibrida dei fondovalle; può essere più o meno bella, a volte un contrasto stridente fra i boschi verticali che si alzano oltre le ultime case e i capannoni della periferia, l'insalata urbana che trovi dappertutto: zone industriali, centri commerciali, neon, magazzini, discoteche, lottizzazioni. Da un punto di vista cittadino, la montagna significa forse una cosa, su tutte: non avere lunghi tramonti. Il sole va dietro la cresta, che se l'ingoia. E magari sono solo le quattro del pomeriggio.
Se fossi un fotografo direi che è meglio la pianura, dove il sole dura più a lungo e fa in tempo ad accarezzare muri e vetri con i suoi ultimi raggi, i più struggenti. Luce obliqua di tramonto, il "sottile suono di mercurio" che sentiva Dylan passeggiando da giovane, rumori di finestre, di piatti e posate nelle cucine, voci che fuoriescono dagli appartamenti.

Parlo dell'alta montagna.

L'alta montagna per me si raggiunge solo in un modo: camminando.
Niente orpelli, niente trucchi, niente seggiovie, ferri o ferrate.
Si va per i sentieri, quelli che hanno calcato i pastori prima di noi.
Niente corde, niente chiodi. Personalmente, penso che anche bastoni e bastoncini siano superflui.
L'alta montagna la si raggiunge dal basso. Più basso è più è fatica, ed è tanto di guadagnato. L'alta montagna fa parte di quel pugno di cose che è bello sudare per averle. L'alta montagna è pura ma è anche erotica.
L'alta montagna non necessita di nulla. Non musica, non ipod, non necessariamente compagnia. Alla fin fine, l'alta montagna è per gli spiriti stilizzati, per chi si inebria dell'essenziale, per chi dalla vita sfronda il superfluo, almeno un giorno all'anno: superflua tecnologia, superflue immagini sovrabbondanti, superflui pensieri d'ambizione, ego e vanagloria.

Si parte dal basso, allora, e la partenza di solito è la parte più dura. Si risalgono sentieri all'ombra dei larici, si risalgono valli, poi per pascoli, pini mughi, i gracchi fanno i loro mestieri aerei.
E' una fatica mentale, con cui fai a gara. Anche il piacere è mentale. Tutto nasce nella testa, poi si diparte, gambe, spalle, polpacci, mani.
Non bisogna essere né superuomini né superdonne. Bisogna avere i contatti interni a posto, le connessioni, l'io e il superio, l'in e l'out, bisogna che il respiro sia ritmico, l'ansimare ben bilanciato, gli alti e i bassi, anche il dolore al fianco, se del caso, anche il sudore che brucia negli occhi.

Scisti, granito, porfido, dolomie. Ogni roccia ha le sue qualità.

C'è sempre un momento in cui la montagna mi mostra il suo volto severo. C'è un momento di insicurezza, la sensazione, la vertigine di stare in equilibrio sulle spalle di un gigante, di essere sul punto di volare non in basso ma nello spazio, precipitando oltre le cime più alte oltre il cielo pieno di cicatrici oltre l'atmosfera nel vuoto senza attrito.
C'è a volte il cielo che si abbassa, le nuvole si fanno dense, cade la pioggia gelida, la grandine, l'alta montagna si rivela per ciò che è, un posto inadatto agli uomini, una pietraia ostile, sfasciumi e burroni e licheni e neve e laghi gelati e strapiombi e creste e frane.
C'è a volte un momento in cui la montagna fa pensare a Nietzsche, o al Kerouac dei "Vagabondi del Dharma" o a Eliot o a Krakauer. Suppongo dovrebbe fare pensare anche a Rigoni Stern e a Corona ma non lo so perché non li ho letti.

A volte penso che Jim Morrison si sarebbe divertito in montagna. Avrebbe fatto cose diverse che nel deserto. Avrebbe visto dei nella roccia e non fantasmi di indiani morti. Avrebbe visto il cristo dei fulmini aggirarsi nel pascolo con una verga in mano i capelli pieni di pioggia, avrebbe visto il dio delle mucche tenere a bada l'orso, avrebbe riconosciuto l'estasi semplice della montagna quando rasserena, le nuvole si aprono e scocca l'arcobaleno, un raggio colpisce la cima di fronte, l'ombra risale il versante, il limite, lo steccato, il limite è lì?

Il trionfo della cima è di breve durata. Non mi attardo sotto alle croci. In fondo è come finire l'amore. Subentra un altro tipo di desiderio.

Presto sei già sulla strada di casa.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Gran bel pezzo, Marco! ;)
fnstb