U2, October e la lezione di P.



Nel 1981 gli U2 erano quattro giovani irlandesi approdati al loro secondo album, intitolato 'October'. Non ancora delle star planetarie del rock. Per Bono il Palazzo di Vetro, il papa e i capi di stato erano lontani; il fallimento, invece, sempre possibile, come per tanti altri gruppi della stagione post-punk. 'October' era un album di rock appassionato, quasi mistico, pieno di rimandi alla Bibbia. E a volte stranamente etereo. Le voci, gli armonici di the Edge, i colpi secchi della batteria risuonavano in una vasta cavità ipogea. Tanto spazio fra uno strumento e l'altro. Echi e vento.

Era ottobre e avevamo deciso di andare a trovare P.
P. era diventato da poco il parroco del paese di B., la sua chiesa stava acquattata nel cuore del centro storico, in fondo al corso principale. Dietro il campanile, le montagne. Di là dalle montagne, l’estero.

P. era stato mandato lassù, a una manciatab di chilometri dal confine, dopo un paio d'anni trascorsi nella nostra città, dove avevamo frequentato la sua parrocchia. Originario di Roma, aveva portato la sua voglia di fare, il suo anticonformismo. Gli avevamo voluto bene.
Venne ad aprirci lui in persona. Aveva sempre i capelli lunghi, quell’aria eccitata, vagamente ansiosa. Ci fece accomodare in un soggiorno triste come un ospizio. Ci accorgemmo subito che non voleva parlare del passato.
A B. aveva cercato di riproporre gli stessi schemi utilizzati con successo con noi. Una volta aveva prestato una sala dell’oratorio agli Hare Krishna. Aveva avviato un cineforum, in cui dava spazio persino a Fassbinder. Cose così, cose che in città venivano accettate, ma che in paese avevano sollevato un vespaio di critiche. Noi l'incalzavamo. Volevamo il P. di sempre, quello che per un po' ci aveva fatto da guida. Lui di rimando chiedeva che musica stessimo ascoltando. 'Vi piacciono i Duran Duran?'
Ad un certo punto s'è spazientito. 'Il P. che conoscevate non esiste più. E se per caso lo incontraste, fatemi un favore: uccidetelo.”
Lo disse col sorriso sulle labbra ma fu una botta lo stesso.

Pensavamo di pranzare assieme. Ma aveva da fare. Gente da vedere, una vecchia sul letto di morte, non so...
Ci diede appuntamento più tardi, alla fiera del bestiame. Intanto, potevamo girare il paese, o arrampicarci sul colle dietro la chiesa, dove le gote si imporporano.

Arrivammo al crepuscolo, un po' intorpiditi dalle canne. Si era alzato il vento, la luce risaliva verso le cime dei monti, accarezzando i boschi, i masi al centro dei pascoli.
C'era la folla delle grandi occasioni. Contadini da tutte le valli e qualche politico locale, a cui gli uomini rendevano omaggio togliendosi il cappello. Bambini che suonavano trombette di plastica. Wurstel e zucchero filato, stivali di gomma e brache di cuoio. Le vacche muggivano dietro ai recinti.
Sentimmo la sua voce alle nostre spalle. Ci voltammo. Non c’era nessuno.
Poi di nuovo. Chiamava i nostri nomi, a turno. O faceva semplicemente “pss…”. La voce era la sua. Ma il resto?
Girammo a vuoto per una decina di minuti, inseguendo un fantasma.
Ogni tanto si faceva vedere. Agitava una mano, poi spariva con un salto dietro uno stand, un recinto, un capannello di persone con il boccale in mano. Aveva la stessa giacca di lana del mattino. Gli stessi capelli arruffati. Ad un certo punto riuscii persino ad incrociare il suo sguardo. Sembrava serio, sembrava il contrario del suo comportamento.

P. appare e scompare. C'è e non c'è. Profilo incerto, luce riflessa, ombra che corre via.
Ben presto, ormai, solo uno dei tanti rumori di fondo. Incomprensibile, anche se sta sillabando il mio nome.

Lasciammo il terreno di gioco, avviandoci verso il parcheggio. Stavamo lasciando P. o era lui a liberarsi una volta per sempre di noi? Pensavo che la sua lezione l'avevo ben capita. Anche Bowie aveva chiuso così con Ziggy Stardust, il suo alter-ego di maggior successo.
"Non tornerò mai, dov'ero già. Non tornerò mai a prima, mai..."

Pochi mesi dopo ho saputo che si era spretato. Aveva conosciuto una donna, presto lasciò anche B.
Mi ricordo il viaggio di ritorno, ascoltando l’ottobre degli U2, accordi di pianoforte nel buio del sedile posteriore, schiacciato fra i miei amici, corpi e fiati caldi a compensare la perdita, pareti di roccia e bosco da ambo le parti, solitudini e radio accese nelle case. Going on, and on...

October
And the trees are stripped bare
Of all they wear
What do I care
October
And kingdoms rise
And kingdoms fall
But you go on.
And on.

Ottobre e gli alberi sono stati denudati
di tutte le loro vesti.
Cosa mi importa?
Ottobre
ed i regni sorgono
ed i regni cadono.
Ma tu vai avanti.

E avanti.

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